Tondo rimanda a qualcosa di perfetto. Pensate solamente al cerchio di Giotto. A tutto tondo indica ciò che può essere visto, osservato e contemplato da tutti i lati e le donne, a partire dalle loro forme fino ad arrivare al loro universo più completo, ne rispecchiano in pieno il concetto. Obiettivi, speranze, sogni, delusioni e amore. Sì, perché l’amore è tondo. Non lo sapevate?
Ospite di oggi: Ruben De Luca.
Sì, oggi il mio ospite è un uomo. No, non sono impazzita! Se fino a oggi ho intervistato solo donne non vuol dire che io sia contro gli uomini. Mai stata! Vero, il titolo potrebbe trarre in inganno, ma quando descrivo la rubrica nella parola “amore” è sottinteso il coinvolgimento anche degli uomini. Parlare di donne non vuol dire escludere l’altra parte del cielo e sono sempre più convinta che un intelligente scambio di visioni e opinioni, soprattutto perché spesso agli antipodi, non possa far altro che accrescere ognuno di noi.
Ho avuto il piacere di conoscere Ruben De Luca personalmente anni fa, per puro caso. Attento, disponibile e, seppur a volte spigoloso, sempre sincero. Un po’ come me e forse per questo siamo diventati amici. Approfitto, dunque, della mia amicizia con l’ospite per prendermi la libertà di dare del tu anche a lui, come ho fatto con tutti gli altri.
Caro Ruben, a te l’onore di essere il primo uomo intervistato nella mia rubrica. Una rubrica, finora, tutta al femminile. Che effetto ti ha fatto la mia proposta?
Mi ha fatto davvero molto piacere, Cristiana. Essere il primo in qualcosa, regala sempre delle sensazioni stimolanti e, quindi, voglio salutare con simpatia tutte le lettrici di questa rubrica, in qualità di primo uomo intervistato.
Sei conosciuto, anche grazie alla televisione, come famoso criminologo. Vuoi spiegarci, in breve, in cosa consiste il tuo lavoro?
Bella domanda! In effetti, spesso ho la sensazione che la figura del criminologo sia percepita come qualcosa di evanescente, che non si sappia bene dove collocarla. Per prima cosa, sfatiamo un mito radicato nell’immaginario collettivo: in Italia, il criminologo non fa quello che si vede nei film americani. Non va sulla scena del crimine, a meno che non faccia anche parte della polizia o dei carabinieri. Il criminologo che si è formato in ambito universitario, come me, può essere chiamato a fare delle consulenze tecniche in fase processuale, ma non partecipa direttamente alle indagini.
Non esistendo un corso di laurea specifico, si può arrivare alla criminologia attraverso diverse strade, infatti esiste l’avvocato criminologo, lo psichiatra criminologo e così via. Nel mio caso, io sono uno psicologo criminologo e mi occupo essenzialmente di docenze e scrittura di saggi e articoli. Da più di 25 anni, faccio lezioni in corsi e master in tutta Italia e ho scritto diversi libri, specializzandomi in settori ben definiti della criminologia: serial killer, crimini sessuali, terrorismo internazionale, culti distruttivi e manipolazione mentale, stalking e femminicidio.
Su richiesta, fornisco anche consulenze criminologiche a pagamento, soprattutto a donne che hanno bisogno di uscire da una relazione patologica.
È stato il tuo lavoro, corredato dalle conoscenze nel campo della criminologia, a suggerirti di occuparti dei consigli da dare alle donne per non cadere in certe trappole, oppure è un istinto che hai sempre avuto?
Sono cresciuto in un ambiente femminile, con mia madre e mia nonna, quindi il mondo delle donne lo conosco bene fin da piccolo e mi ha sempre affascinato. La complessità del cervello femminile è molto stimolante, rispetto all’essenziale basicità di quello maschile.
In criminologia, il primo amore sono stati i serial killer poi, dal 2009, ho deciso di occuparmi anche di stalking e femminicidio, focalizzandomi sulla prevenzione. Ho preso questa strada dopo essermi accorto che, di questo argomento, si occupano quasi esclusivamente donne, che siano criminologhe, psicologhe, assistenti sociali o altro, poco importa. Gli uomini sono quasi del tutto assenti e, sinceramente, credo che non si riuscirà mai ad azzerare la strage delle donne finché gli uomini impegnati in prima linea non saranno molti di più. Non è con la ghettizzazione del maschio che si potrà raggiungere quella integrazione collaborativa tra maschile e femminile che è fondamentale per creare un mondo migliore fondato sul rispetto reciproco.
Sono pienamente d’accordo. Secondo la tua esperienza, le donne possono riuscire a non cadere in certe situazioni pericolose? Se sì, come?
Per non cadere in situazioni pericolose bisogna, per prima cosa, riconoscerle. Senza la consapevolezza è impossibile. Ecco perché, da diversi anni, tengo dei corsi specifici nei quali eseguo il raffronto tra come amano gli uomini e come amano le donne. Perché siamo due pianeti differenti, è inutile nasconderlo, e deve essere un uomo a spiegare come funziona il nostro cervello di maschietti dotato solo di due neuroni che, raramente, s’incontrano. La reazione tipica delle donne che frequentano i miei corsi è di stupore, c’è un prima e un dopo: la maggior parte di loro, al termine della lezione, confessa di non essersi mai resa conto veramente del modo di ragionare maschile. Spesso, le donne tendono a interpretare le azioni maschili secondo il loro personale schema mentale, è una cosa che facciamo un po’ tutti, ma è un’abitudine profondamente sbagliata che può causare danni irreparabili.
Quindi, prima di tutto, serve acquisire consapevolezza del mondo maschile. Poi, ovviamente, è necessario lavorare sulla consapevolezza di se stesse, dei propri punti deboli e vulnerabilità. Essenzialmente, le donne devono imparare a smettere di sentirsi in ostaggio del senso di colpa, perché i manipolatori e gli psicopatici si nutrono di questa specifica emozione femminile, alimentandola in continuazione. Tramite le mie consulenze, negli anni ho conosciuto tante donne che erano tormentate da sensi di colpa onnipresenti nei confronti degli uomini con i quali avevano una relazione: “forse non gli dimostro abbastanza quanto lo amo”, “forse ha bisogno che gli dia più attenzioni”, “ha sofferto tanto da piccolo, quindi adesso è compito mio fare in modo che non soffra più”, eccetera, eccetera. Basta! Questi pensieri sono distruttivi perché allontanano la donna dall’obiettivo di raggiungere la felicità e la sua realizzazione personale. La sindrome della crocerossina, cioè la tendenza a sostituirsi alla madre, alla psicologa e all’assistente sociale per risolvere i problemi di un uomo, è benzina che contribuisce ad alimentare il fuoco che porta alle tragedie che leggiamo quasi quotidianamente sui giornali.
Dal momento che, come hai giustamente detto, non si arriva da nessuna parte da soli, quanto è importante, secondo te, educare non solo le donne, ma anche gli uomini a gestire le proprie emozioni?
Hai toccato il punto dolente. Le leggi non servono a nulla se non si parte dall’educazione emotiva e sentimentale. Alcuni uomini devono imparare che la fragilità è una risorsa, che piangere non è qualcosa di cui ci si debba vergognare. Soprattutto, alcuni uomini devono imparare che le donne hanno il sacrosanto diritto di dire NO: no a un rapporto sessuale, no a mandare avanti una relazione, se non sono più innamorate o non si sentono a loro agio.
Purtroppo, alcuni uomini sono rimasti ancorati alla tradizione che vedeva la donna completamente sottomessa all’uomo, perché la donna non aveva il diritto di divorziare o di controllare il proprio corpo. Fin dalla notte dei tempi, la società è stata incentrata sulle esigenze e sui desideri del maschio e la donna è stata sempre considerata una “costola” dell’uomo. Adesso, qualcosa si sta muovendo ma, se consideriamo tutta la linea temporale della storia, ci accorgiamo che il cambiamento è partito da pochi anni. Fino al 1963, nel codice penale italiano esisteva una norma definita ius corrigendi per cui un marito aveva il diritto di picchiare una moglie se “si comportava male”. Stiamo parlando di 60 anni fa: può sembrare tanto dalla nostra prospettiva di esseri viventi nel qui e ora ma, nella storia dell’umanità, rappresenta un tempo infinitesimale.
C’è ancora molta strada da percorrere per cambiare la mentalità maschile atavica, sviluppata su una tradizione culturale secolare.
Analisi quanto mai vera e concreta. Tu, però, oltre ad essere criminologo sei anche scrittore. Ci puoi dire qualcosa di più, cosa hai scritto?
Principalmente saggi di criminologia. Ho iniziato nel 1994, scrivendo una serie di articoli per una rivista del settore, poi è arrivato il mio primo saggio nel 1998, Anatomia del serial killer (Giuffrè Editore), uscito in una nuova edizione ampliata nel 2001. Fra i titoli a cui sono particolarmente affezionato, ci sono: Il terrore in casa nostra (Franco Angeli, 2002), un libro sul terrorismo islamico nel quale Arrigo Levi mi ha fatto il grande onore di scrivere la prefazione; Omicida e artista: le due facce del serial killer (Magi, 2006), in cui confronto, in una prospettiva unica e originale, il serial killer e l’artista figurativo; Donne assassinate (Newton Compton, 2009), il mio ingresso nel mondo femminile, in cui mi sono occupato delle vittime e non, come si usa di solito, degli assassini; Amare uno stalker. Guida pratica per prevenire il femminicidio (Alpes, 2014), un manuale di consigli pratici che ho scritto dopo aver intervistato 100 donne che sono state vittime di uomini manipolatori, ma che sono riuscite a salvarsi. E l’ultimo nato del 2021, Serial Killer. Una lunga linea di sangue attraversa l’Europa (Newton Compton), il primo studio scientifico sull’omicidio seriale in Europa.
Nel 2009, invece, ho pubblicato il mio primo, e finora unico, romanzo: Dietro il sipario (Curcio).
Una bibliografia di tutto rispetto. Hai nuovi progetti lavorativi in mente per il prossimo futuro?
Proprio adesso, sto ultimando il nuovo libro sui serial killer che sarà pubblicato sempre da Newton Compton, il mio editore preferito, nel corso di quest’anno. Una novità assoluta per il mercato italiano, un “Trivia Book” sui serial killer, un format molto in voga nei paesi anglosassoni: un libro di risposte a tutti i “perché” che vengono in mente quando si pensa ai serial killer, con aneddoti, curiosità e una serie di quiz attraverso i quali gli appassionati potranno misurare il loro livello di conoscenza dell’argomento.
Naturalmente, continuerò a tenere corsi e singole lezioni sulle tematiche a me care, aggiornando costantemente la mia formazione. Vorrei diventare a tutti gli effetti un romanziere, perché sono da sempre affascinato dall’universo della narrativa. Nel cassetto, ho un paio di romanzi che aspettano solo un editore che li voglia pubblicare: ovviamente, si tratta di thriller, perché non credo che sarei in grado di scrivere altri generi.
Inoltre, ho iniziato quest’anno un nuovo lavoro come psicologo scolastico. Mi piace moltissimo stare in contatto con bambini delle elementari e ragazzi delle scuole medie, per cui ho la possibilità di dare il mio contributo per formare le nuove generazioni di uomini e donne che, si spera, potranno finalmente vivere liberi nel rispetto reciproco.
Questo tuo ultimo impegno mi sembra essere degno di nota: lo vedo come una piccola scintilla per una vera costruzione. Hai un messaggio a cui tieni particolarmente che vuoi donare alle donne?
La libertà ha un prezzo da pagare e, a volte, è molto alto. Ma vale sempre la pena lottare per raggiungerla e difenderla.
La prima cosa che dovete fare è amare voi stesse perché, se non siete in grado di farlo, non potrete amare in maniera equilibrata nessun altro. La dipendenza affettiva non porta mai a nulla di buono, anzi, vi condurrà ad annullare la vostra personalità e questo percorso con conduce mai alla felicità.
Ringrazio moltissimo Ruben per i suoi consigli e la disponibilità nel rispondere alle mie domande. Sicuramente, in questo mio piccolo spazio, non c’è stato modo di essere esaustivi come avemmo voluto. Per descrivere e approfondire il mondo del mio ospite avrei avuto bisogno di parlarne in più puntate ma, per rimanere in tema, avrei dovuto sottoporvi a troppo… stalking!
Mi auguro, però, di aver lanciato un sassolino, di quelli che accendono la curiosità. Se vorrete approfondire gli argomenti trattati troverete sul web tante interviste a Ruben De Luca e, sulle varie piattaforme online e non, tutti i suoi libri.
Questa intervista, come tutte le altre che ho avuto piacere di fare, mi ha fornito numerosi spunti per nuovi argomenti da approfondire in seguito: quanto può aiutare un supporto efficace e professionale, quanto questo può essere utile per accrescere la propria autostima e quanto può essere importante il saper dire un sonoro NO. Spero di poter avere ancora ospite Ruben nella mia rubrica.
Se volete, potete contattare Ruben De Luca qui.
FINE.



La vera libertà è essere quelle che siamo. Sempre.
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Mi muovo esclusivamente con i mezzi pubblici perché non guido e non potrei mai vivere senza Trastevere, il Colosseo, le stupende fontane della Capitale e i fastidiosi sampietrini.
Da che ho memoria ho riempito di scarabocchi tutto ciò che ho avuto la fortuna, o la sfortuna fate un po’ voi, di avere a portata di mano: dal muro di casa dietro il divano del soggiorno (avevo quattro anni), a ritagli di carta, quaderni e diari. Da allora è stato un susseguirsi di poesie, racconti, romanzi e favole per bambini, il tutto condito da premi, pubblicazioni e gratificazioni varie.
Golosa di dolci e di emozioni. Amante di viaggi e fotografie. Adoro Vasco e i Queen… sì, lo so che sono agli antipodi, ma così è!
Se vuoi contattarmi in privato, scrivimi qui: cristiana.ian@libero.it