I LOOP DI AGATA – LE MIE SFUMATURE D’AMORE.

Questo è il diario di Agata. Chi è Agata? Sono io, sei tu. È la tua migliore amica, tua sorella, la vicina di casa che canta mentre stende i panni. È la donna romantica che piange guardando un film, la guerriera che si sveglia presto per andare al lavoro e che si destreggia tra figli, famiglia e doveri. Agata convive con i suoi loop, invadentissime paranoie tutte femminili che la mettono spesso in difficoltà di fronte alle cose della vita. Adesso ha deciso di tenerne un Diario. Un bel Diario in cui scrivere tutto quello che le passa per la mente. Per scoprire se riesce a conoscersi un po’ di più, per condividere i suoi pensieri. Per se stessa, per te.

Caro Diario,

la parola amore torna come un boomerang con una delle sue migliaia di sfumature. Questa volta solo per ricordarmi che non dato retta al mio istinto e che per andare bene agli altri non ho seguito la mia natura. Per me l’amore è tante cose in diversi modi. Ma oggi mi concedo di parlarti di Lei. si Lei, hai capito bene. Inutile ricordare che sono bravissima ad incasinarmi la vita, inutile sperare che ci sia qualcosa che non sia passato a bussare alla mia porta mettendo in disordine nuovamente tutto.

Sono bisessuale, oh mio Dio quanto è liberatorio. Non che non si sappia. Ho fatto un comingout velato, ma c’è da dire che ho una valida “copertura”. Non è una bella parola, i miei figli sono tutto meno che una “copertura”, ma siccome ho dovuto far finta per tutta la vita di essere qualcuno di diverso dal mio vero io la definisco così. Molti darebbero definizioni particolari a questo tipo di amore: devianza sessuale, condizione, moda, cataclisma (rido) perché anche amare è diventato un lusso. “Mi piace amare, non importa chi tu sia, importa la grandezza di ciò che riesco a provare con te”… “coooooosaaaaa??? Per caso ti ha dato di volta il cervello?” “Shhhh non dirlo a nessuno, che figura!” Lo trovo stancante. E allora per stemperare quest’atmosfera cupa canto una canzone:

“Dimmi che male c’è, se ami un altro come te, l’amore non ha sesso, il brivido è lo stesso lo forse un po’ di più.Nel cammino dell’amore
Scende sempre quel dolore dentro te
C’è chi ti guarda con disprezzo
Perché ha il cuore di un pupazzo dentro
Se a chi dice che non sei normale
Tu non piangere su quello che non sei
Lui non sa che pure tu sei
Uguale a noi e che siamo figli dello stesso Dio”

Sono solita fare percorsi a ritroso perché sono credo possano aiutarmi a comprendere al meglio i miei errori ed aggiustare il tiro ove necessario. Sono molto critica nei miei confronti e spesso mi dimentico di concedermi delle attenuanti. Ho vissuto tantissimo coi sensi di colpa ma di recente ho proprio deciso di smettere. Credo di meritare un pochino di pace interiore anche io.

Fin da bambina sono stata circondata da cliché: “Devi fare questo perché è giusto, quest’altro perché è previsto e perché quell’altro, insomma sei diversa da tutti gli altri quindi almeno non fare altri errori”. Riassumendo essere “diversi” è un errore quindi figuriamoci dichiarare una bisessualità. Secondo me mi avrebbero portata dall’esorcista. Ora ci rido ma ci sono persone che si sono fatte del male davvero per queste reazioni sconsiderate da parte di chi dovrebbe solo donarti amore, insegnamenti, comprensione. Che fatica!

È come se ora fossi libera da una prigionia durata anni.

E allora confesso: mi sono innamorata di una donna, lei è perfettamente imperfetta. È piccolina di statura ma il suo sorriso la fa sembrare altissima. La sua energia è contagiosa e mi lascia senza fiato. I suoi occhi raccontano una storia difficile ma il suo cuore ha la meglio facendola sembrare invincibile e imperturbabile. So che non è così ma mi piace pensare che nulla la farà mai più soffrire.

Non ci sono foto nostre ma nel mio cuore ci sono tatuati tutti i momenti che siamo riuscite a passare insieme. Ho scelto di non dirle niente perché credo, purtroppo di non poter essere felice. E so che è incoerente con quanto detto prima ma sono convinta che gli stereotipi dai quali sono circondata da sempre mi abbiano inevitabilmente seguita fino a qui impedendomi di aprire il mio cuore totalmente. Il desiderio di sentirmi al sicuro è fortissimo. Vorrei smettere di far galoppare la mia mente e lasciare che qualcuno mi faccia sentire al sicuro. Abbassare di nuovo la guardia affinché possano amarmi incondizionatamente semplicemente perché sono io. Mi manca tantissimo quella sensazione. Quella sensazione che credo di non aver ancora provato per nessuno è con nessuno.

Non riesco più ad aggiustare il mio cuore ormai fatto di porcellana.

Chiedo scusa a me stessa di non permettermi di amare e lasciarmi amare come vorrei.

A presto Agata

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DIETA: UNA PAROLA SEMPLICE CHE DIVENTA UN’OSSESSIONE

Per la rubrica Curvy Pride Anthology riproponiamo la storia di Valeria, che si è raccontata a Curvy Pride aprendo il suo cuore e compiendo un gesto coraggioso. Perché raccontarsi davvero non sempre è facile, a volte si toccano dei punti deboli, altre si riportano a galla vecchie ferite. Ma la cosa più importante è che raccontarsi vuol dire guarire, è come togliere un po’ di peso dalle nostre spalle, come appoggiare un bel librone pesante e lasciarlo lì, perché non ci serve più. E se qualcuno che passa lo vede e pensa di averne bisogno, beh, che lo prenda e lo trasformi in un dono prezioso! Ecco le parole di Valeria.

Il mio racconto lo faccio partire da qui: dal mio presente e da ciò che sono oggi. Guardare indietro non fa più male e soprattutto non mi fa più paura. Ho 38 anni, sono una donna, una moglie e una mamma e amo la vita come non mai.

In passato ho permesso che il mio corpo mi facesse male. Fin dall’infanzia i miei ricordi sono legati al rapporto non sano con il cibo. Nascondevo merende e merendine, carte e involucri vuoti. Oggi mi fa sorridere ma se mi fermo e mi guardo dall’esterno provo un’infinita tenerezza per me stessa: vedo una ragazzina di 12 /13 anni, cicciottella, con degli occhioni grandi e lunghi capelli castani seduta nel lettino della sua cameretta a mangiare qualsiasi cosa. Adesso anche lei mi guarda e solo ora so cosa nasconde dietro quegli occhi che mi fissano con sincera intensità. E poi vedo gli anni che passano e tutto cambia, io cresco ma continuo ad avere quegli occhi che non mentono. Sono occhi talmente grandi che se li guardo bene riesco a leggere la mia storia. La storia di una bambina a cui è stata incisa nella mente una parolina che l’ha accompagnata per una vita: DIETA. Peccato però che un bel giorno questa parola così semplice, di sole 5 lettere, diventa un’ ossessione. Sai cosa significa vivere una vita perennemente a dieta? Significa non avere una vita normale.

È facile giudicare, è facile parlare ed esprimere giudizi sulle persone in carne, grasse e obese. Ma nessuno sa cosa si nasconde dietro il loro aspetto.
Da qualche tempo qualcuno ha definito l’obesità come una malattia, ma ancora oggi si esprimono giudizi e pensieri senza curarsi del male che si infligge alle persone, perché purtroppo questa è una malattia delle mente, che piano piano ti distrugge l’anima.

Immagino che tu sappia che il giorno perfetto per iniziare la dieta è sempre il lunedì, perché fino alla domenica sera devi gustarti l’ultima cena, l’ultimo piatto preferito, perché poi chissà quando potrai rifarlo! E poi ecco che arriva il lunedì, quante speranze in quel lunedì che ti fa dire da oggi sono a dieta, questa è la volta buona. Peccato però che già verso il pomeriggio qualcosa non va e assaggi solo un cracker. Ed è esattamente in quel momento che arriva l’ ennesimo fallimento. Tu sei il fallimento, il fallimento che sei stata abituata ad essere per tutti, per anni.

Però sai una cosa strana? Noi grassi in quel momento stiamo bene! Mangiare ci appaga e ci soddisfa perché scaccia la noia, ci distoglie dai problemi e dai disagi che viviamo tutti giorni. Quando vivi in un corpo che detesti fai finta di stare bene: la realtà è che vorresti essere altro, indossare un abito diverso e tacchi alti, ma sei troppo pesante e quindi eviti. Eviti tutto, anche te stessa. Gli sguardi cattivi e impietositi della gente, l’inadeguatezza e la vergogna diventano parte della tua vita, sono la tua vita, ma scappare da tutto questo è impossibile. Finché arriva il giorno in cui dici BASTA e impari semplicemente a volerti bene. A voler vivere e provare ad essere ciò che vuoi essere.
Per me quel giorno è finalmente arrivato. Dopo 26 anni ho detto basta: basta mangiare di nascosto, basta fingere di essere chi non sono, basta essere quella che però che peccato perché hai un bel viso. Quante volte me lo hanno detto!

Ho iniziato a guardarmi ed accettare ciò che ero, solo così sono uscita da quel tunnel in cui avevo vissuto per 26 anni. Lo ricordo come se fosse ieri. Era il 17 marzo 2017 e da quel giorno ho deciso di volermi bene. Sono stata una figlia perfetta, una scolara perfetta, una lavoratrice perfetta, e ancora moglie e poi mamma. Ebbene sì, nonostante tanti pareri sfavorevoli sono diventata anche mamma e questo mi ha dato una forza inspiegabile! Era finalmente giunto il momento di non essere più perfetta per nessuno ma di essere semplicemente Valeria una (ormai) donna che ama la vita, il mare, il caffè, sorridere, ballare ma anche il cibo! Quel cibo che oggi, dopo un lunghissimo e faticoso percorso su me stessa, non è più un eterno nemico. Lo è stato per troppo tempo. Era nemico e anche compagno di vita, idea fissa, ossessione e immenso malessere.

Questa è la mia testimonianza e anche se sembra triste dirlo, è solo una minima parte di una vita passata a provare a convivere con me stessa.

Ma adesso finalmente VIVO FELICE E CONTENTA.

Valeria Mallardi

UN’IMPRONTA DI TERRORE

Riceviamo questo racconto da brividi da una nostra piccola amica undicenne, Morgana D’Innocenzo. Lei scrive moltissimo e il suo sogno è quello di diventare criminologa. Ovviamente le auguriamo di intraprendere la strada che desidera e la ringraziamo di averci inviato questa storia davvero ricca di suspense!

Sto per narrarvi una storia da brividi. Iniziò tutto il 3 novembre 2017, stavo parlando al telefono con la mia migliore amica. Ad un certo punto sentii dei passi ma subito non ci feci caso, credendo fosse solo la mia immaginazione. Non c’era nessuno in casa con me e mi succedeva spesso di sentire rumori strani. Un po’ a causa della mia immaginazione, un po’ per la paura di trovarmi da sola. Era molto tardi e stranamente mia madre non era ancora rientrata. Sperando che fosse lei la chiamai, ma nessuno rispose. Salutai la mia amica, chiusi la conversazione, andai a dormire e non ci pensai più.

Il giorno dopo, al mio risveglio, capii che mamma era tornata perché trovai un suo biglietto: mi diceva che stava andando al lavoro e che ci saremmo riviste al suo ritorno. Ero felice di sapere che mamma era tornata a casa quindi non ero sorpresa che ci fossero dei cassetti aperti.

Rifeci il letto e ci misi sopra una coperta di pile perché faceva molto freddo; andai a farmi il bagno e quando tornai in camera vidi sopra il pile l’impronta di una mano! Mi spaventai e chiamai mia madre che si mise a ridere, pensando che stessi scherzando e che avessi fatto volare la mia fantasia. Mi sentii ferita, avrei voluto che mi credesse!

Quella situazione non mi piaceva per niente. Passai tutto il giorno sola in casa. Dato che mamma non sarebbe rientrata che la mattina dopo a causa dei suoi turni, alla sera chiamai la mia amica. Le raccontai dell’accaduto, temevo che qualcuno mi stesse spiando e lei mi fece compagnia al telefono per tutta la notte. Continuavo a sentire quei passi…

Il mattino dopo ero stanchissima, avevo sonno e un gran mal di testa. Scesi in giardino a prendere un po’ d’aria fresca. Il nostro giardino era molto grande, avevamo un dondolo e alcune panchine. Confinava con un boschetto e non c’erano mai molti passanti perché la casa era un po’ isolata. Quando rientrai mi addormentai subito e mi risvegliai la mattina dopo. Mamma non era tornata ma non mi importava perché ero offesa dal suo comportamento. I rumori non cessavano, neanche di giorno. Adesso avevo davvero paura, non riuscivo neanche ad andare in bagno tranquilla! Mi sentivo come se stessi cominciando a delirare.

Ormai tutte le sere chiamavo la mia amica per sentirmi almeno un po’ al sicuro. Avevo l’ansia, non vivevo, non dormivo e non mangiavo, avevo lo stomaco chiuso. La mia testa  stava scoppiando per i troppi pensieri. Non sapevo chi chiamare per far sapere questa cosa, beh certo potevo chiamare la polizia, ma avevo paura che non mi credessero o cose del genere.

Sentivo la mancanza di mia madre che ormai non tornava da ben due giorni, non uscivo di casa, non avevo scampo. La sera seguente chiamai Giada, la mia amica, e sentii una porta aprirsi; andai a controllare e vidi un uomo con una maschera, urlavo dalla paura e non sapevo cosa fare, mi stava rincorrendo con un coltello! Ad un tratto sentii le sirene della polizia: li aveva chiamati lei che era rimasta al telefono e aveva sentito tutto.

Ero salva!

Hanno preso la persona che mi torturava da giorni e giorni, o meglio, la donna che mi torturava: mia madre.

Non ci potevo credere

3 NOVEMBRE 2019

Sono ormai passati anni dall’accaduto ma non lo scorderò mai. Ora vivo con una nuova famiglia e sono serena.

Morgana.

I LOOP DI AGATA – MIA ADORATA SOLITUDINE

Questo è il diario di Agata. Chi è Agata? Sono io, sei tu. È la tua migliore amica, tua sorella, la vicina di casa che canta mentre stende i panni. È la donna romantica che piange guardando un film, la guerriera che si sveglia presto per andare al lavoro e che si destreggia tra figli, famiglia e doveri. Agata convive con i suoi loop, invadentissime paranoie tutte femminili che la mettono spesso in difficoltà di fronte alle cose della vita. Adesso ha deciso di tenerne un Diario. Un bel Diario in cui scrivere tutto quello che le passa per la mente. Per scoprire se riesce a conoscersi un po’ di più, per condividere i suoi pensieri. Per se stessa, per te.

Caro Diario,

oggi parliamo di solitudine. Vorrei scrivere soltanto nella mia testa ciò che il mio cuore detta, ma temo che ascoltarmi troppo possa alla fine essere deleterio. Sono nella mia fase “by my self” . Mi spiego subito. Ho voglia di stare da sola, anche messaggiare è diventato pesante. I social? Ah, se solo potessi disfarmene! Ho sviluppato un’intolleranza verso il genere umano. Faccio proprio tanta fatica a comprendere, a tollerare e a giustificare certi comportamenti. La superficialità del non pesare ciò che si dice o si scrive mi lascia basita. Che siano offese o complimenti, vengono usate parole o frasi a sproposito senza prendere minimamente in considerazione il prossimo. Siamo tutti l’amore di tutti, siamo tutti i preferiti di tutti. Ti amo, ti adoro e sei meravigliosa/o come se non ci fosse un domani. Senza alcun nesso.

Non sono qui a dirti che vorrei cambiare il mondo perché sarebbe piuttosto presuntuoso da parte mia, ma vorrei tanto premere un pulsante ed essere su un’isola deserta e non sentire più niente. Unica postilla? Mi mancherebbero i miei figli! Penso che perderei completamente l’orientamento senza di loro. Sì, lo so, sono incoerente ma sono il legame più forte che ho e mi è davvero difficile separarmi da quei tre. La settimana scorsa sono stata via 2 giorni e mi mancava l’aria. Non vedevo l’ora di rivederli e di risentirmi di nuovo a casa. Lo ammetto, non mi era mai capitato. In tutta la mia esistenza non mi sono mai sentita a casa da nessuna parte, se non dove ci sono i miei figli. Loro mi tengono radicata qui, altrimenti il mio trolley ed io saremmo sempre in movimento. Spesso mi domando come sia possibile. Voglio dire, sono passata dal desiderare morbosamente l’attenzione di tutti al rendermi conto di poterne fare a meno. Il risultato è che ogni tot di tempo necessito di stare solo con me.

La mia pace è dentro di me! NON fuori.

Ho provato a spiegare questa mia esigenza ad un’amica. Lei pensa che io abbia questa necessità per raccontarmi che va tutto bene, ma io sono molto autocritica. Non mi racconto frottole. Credo semplicemente di aver perso troppo tempo a desiderare gli altri e quindi ora voglio me. Socializzo, interagisco e mi confronto. Ma fondamentalmente il momento migliore della giornata è quello in cui ho a che fare solo con me stessa. Una cosa che è mancata nella mia vita è sicuramente il non avere avuto periodi di solitudine. Nel senso buono del termine.

Il punto è che dopo la mia nascita sono stata abbandonata e per sopravvivere ho dovuto lottare da sola, sono emotivamente cresciuta da sola e continuo sempre emotivamente a viaggiare in solitaria. Nessuno sa chi sia davvero Agata. Mia madre mi ha sempre detto che io non sono una persona limpida. Ma non sono d’accordo. Io non voglio mancare di sincerità, fare del male o nascondermi, semplicemente non sono abituata ad aprirmi davvero. Il paradosso è che sono così perché ho collezionato una serie di cattive esperienze proprio con lei.

Con lei ho provato ad aprirmi quando venivo bullizzata, ottenendo come risposta che ero una visionaria. Ho provato a presentarle i miei fidanzati e a spiegarle come mi sentivo, ma lei ha risposto che si mettevano con me per i soldi o per una qualche malattia mentale. Perché? Per il mio aspetto esteriore. Sentendo queste frasi, non me la sono presa con nessuno, semplicemente mi sono chiusa e mi sono curata le ferite da sola. Una, due, tre volte e oggi continuo a fare così. Ma fin da piccola ero così. Sempre mia madre mi raccontava che ad un certo punto sparivo. Non avevo litigato con nessuno e non era successo niente di particolare, semplicemente mi isolavo. Conoscendomi oggi, dico che andavo a cercarmi perché sentivo il bisogno semplicemente di ME!

Quando credo di conoscere o di aver conosciuto qualcuno che possa davvero aiutarmi a lasciarmi andare, mi blocco e scelgo ancora una volta di fare un sorriso e dire che va tutto bene. A volte credo che chiedere ad una persona come sta sia solo una formalità.

Mi sono ritrovata un sacco di volte a leggere post sui social. Post all’ospedale, post di un lutto, post pubblicati per attirare like o commenti. Premetto che è normalissimo che ci siano tali post, però ecco io sono una che se legge che stai male, ti scrive in privato perché non voglio che il mio interesse per te si perda negli altri 100.000 commenti. Voglio che tu sappia che ci sono davvero e che per questo mi sono presa la briga di scriverti in privato. I commenti sotto li trovo dispersivi e mettono ancora più in evidenza lo stato di solitudine. Ma questa sono io, a volte semplicemente non si sa davvero cosa dire.

La verità è che credo di non aver voglia di cambiare questo lato di me. La mia solitudine è preziosa e cerco di farne buon uso. Una volta mi sarei disperata e avrei fatto di tutto per non sentirmi in quel modo. Oggi invece ho imparato ad amare la mia compagnia, a coltivare rapporti sani che mi arricchiscano e soprattutto non catapultino il mio stato d’animo a picco come spesso è successo in passato. I momenti down sono normali ed è importante che ci siano ma non per mano di chi in fin dei conti alla tua vita non porta niente.

Io trovo che questa consapevolezza mi aiuti molto e che sia per me, Agata, il modo più sano di proseguire nel mondo. Molti non capiranno, ma a questo punto è sufficiente che sia io a comprendermi.

A presto, Agata

HENRI MATISSE AMAVA LE CURVY!

La produzione del pittore degli anni venti Henri Matisse affronta un tema figurativo di grande suggestione e sperimentato in numerose varianti: quello dell’odalisca. È la sublimazione di un’immagine erotica ed esotica che ritorna dal viaggio in Marocco, a Tangeri, e conferma la grande empatia di Matisse per la civiltà araba.

Le odalische di Matisse sono donne dalla compattezza statuaria, sinuose, spesso distese, più raramente in piedi, ma sempre come sprofondate in un’attesa senza tempo. Per dipingerle l’artista allestiva nel suo atelier di Nizza una sorta di  piccolo palcoscenico, una specie di harem in miniatura dove le formose modelle erano, di volta in volta, circondate da arazzi, tappeti, tessuti e paraventi orientaleggianti. Gli interni erano sempre diversi e i colori sempre smaglianti.

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Irene Pignatelli, laureata in Lettere Antiche, specializzata in Archeologia Classica presso l’Università Sapienza di Roma, ha seguito il corso di perfezionamento in Arte Paleocristiana presso il Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, ha superato l’esame del corso di specializzazione in didattica museale e generale.
Dopo aver condotto e progettato attività divulgative in ambito storico artistico per vari enti culturali, scritto articoli su riviste specializzate in arte antica, lavora come Responsabile dei Servizi Aggiuntivi per la Società Cooperativa Culture per i Musei del Sistema Musei Civici nelle sedi dei Musei Capitolini e Centrale Montemartini di Roma, come Responsabile delle attività didattiche per adulti per l’Azienda Speciale Palaexpo e Responsabile di Progetti Speciali di Roma Capitale finalizzati alla valorizzazione di sedi museali e aree archeologiche del territorio. ♥

 

 

 

 

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