Adriana non ha la patente e trasforma il tempo in attesa dell’autobus in momento di riflessione su se stessa. L’incontro con sconosciuti passeggeri diventa motivo di crescita. Dentro di lei, sempre presente, lo sguardo amorevole e incoraggiante di sua madre.
Questa è una storia vera. Una di quelle che non sentirai al telegiornale e non troverai nei libri di storia. Una di quelle che fanno la vita di tutti i giorni.
A Roma, in agosto, il caldo ammorbidisce l’asfalto e i tacchi lasciano il segno sul marciapiede. Adriana ha dimenticato a casa gli occhiali da sole e alzando lo sguardo verso il display della fermata dell’autobus abbassa la falda del cappello. Il display è rotto. Non è dato sapere se l’autobus è passato o sta passando. Si guarda intorno, tre persone in attesa. Adriana non ha mai voluto prendere la patente. A lei piace incontrare persone, ascoltare storie e tutto questo non puoi averlo seduto nella tua macchina. Ma girare a Roma con gli autobus è un’impresa di grande tenacia, soprattutto in agosto. Sul marciapiede di fronte una mamma spinge un passeggino. Il bambino le dice qualcosa, lei si ferma e Adriana pensa “Ora gli dà il cellulare in mano per distrarlo.” E invece no. La giovane donna si china sulle ginocchia davanti al bambino, sorride, lo guarda negli occhi e quell’atteggiamento di cura e amore riporta Adriana a un tempo lontano. Un tempo in cui quello sguardo era su di sé.
Durante la sua vita la nostra Vanessa ha incontrato alcune donne davvero speciali che l’hanno compresa e hanno tirato fuori il meglio di lei. Oggi le ringrazia e si lascia ispirare dal loro esempio.
Vanessa è entrata nella mia vita per caso. Avete presente il classico “fulmine a ciel sereno”? Ecco, proprio così. So che usare sempre frasi fatte non va bene, ma quest’amicizia è nata in questo modo, senza preavviso. Forse con alcune persone abbiamo più cose in comune di quanto non ci immaginiamo. Forse quest’ anno così assurdo può lasciarci in eredità cose inaspettate o forse, semplicemente, Curvy Pride ha fatto la sua magia e ci ha avvolte con la sua aura, catapultandoci in un mondo che non sapevamo esistesse. Abbiamo scoperto che la scrittura è un ottimo modo per comunicare e che ci permette di di far emergere i nostri pensieri.
Vanessa si racconta al nostro blog
“Se non riesci a dirlo, scrivilo!” Così mi disse mia madre, quando ero appena adolescente e le confidavo il mio malessere nel non riuscire ad esprimere quello che sentivo. Da allora feci tesoro del suo consiglio, scrivendo diari dove scaraventavo la confusione che si creava nella mia mente, scrivendo riconoscenti lettere alle amiche con le quali mi sentivo vista e poesie d’amore, mai consegnate ai ragazzi su cui fantasticavo. Questo scrivere mi ‘sistemava’, districava quest’ammasso di emozioni e pensieri esoprattutto mi faceva sentire reale. Frequentai l’Istituto Alberghiero a Casal Bruciato, dove ebbi la fortuna di avere una professoressa d’italiano che riconobbe in me la necessità di essere guidata e la voglia di esternare ciò che sentivo. Tra una lezione e l’altra, un giorno, mi prese da parte e mi disse: “Tieni, leggi questo libro, è una storia d’amore, ti piacerà!”. Lo lessi in una notte, sentendomi grata e sbalordita dalla capcità che quella donna aveva avuto di vedermi per davvero. A giugno del secondo anno, dopo una gita alla fonte dell’acqua Egeria, dove ci regalarono delle t-shirt, pensammo di scriverci una dedica di fine percorso, visto che l’anno seguente ci avrebbero smistati in classi diverse, a seconda della specialità scelta da ognuno.
Chiedemmo anche ai professori di rilasciarci una dedica e la mia prof. di ricevimento scrisse “Aggredisci la vita, non le persone!” con tanto di smile. Io, che ero estremamente suscettibile in quel periodo, rimasi attonita di fronte a quelle parole. Mi ricordo proprio l’istante, la ventata che fece spalancare ‘sta finestra nella mia testa.
Per un lungo periodo fu la frase che condusse molte delle mie azioni. Non voglio farti pensare che divenni una specie di “Buddha de borgata”, che con i gomiti nel fango avanzava e sopravviveva alle tempeste ormonali… no, caro lettore, per molti anni continuai ad intermittenza ad aggredire quando non capivo. A 21 anni approdai a Londra, più precisamente a Manor Park, dove feci la ragazza alla pari, in una famiglia italo-inglese, composta da Claudia, la mamma di Z. e G.. Claudia era una donna accogliente e il suo sorriso emanava una ricerca alla gioia che avrebbe influenzato anche il più depresso e introverso degli uomini. Parlammo a lungo e volentieri di arte, musica e libri. Mi consigliò numerosi libri che lessi con avidità, trovando in ognuno quello che cercavo, non sapendo nemmeno di averne bisogno. In una delle numerose conversazioni, mi disse: “Per me è molto importante mantenere le amicizie, nonostante la distanza e questa vita super busy”. Lei era nata in Inghilterra ma cresciuta a Testaccio, trasferitasi a Londra dopo la maturità; aveva amiche sparse tra Barcellona, Berlino, Italia e Irlanda e nonostante le migliaia di km che le divideva, il loro non era un rapporto a distanza, per lo meno con il cuore. Quando tornai a Roma, a 23 anni, conobbi Roberta, cugina del mio fidanzato di allora. Se mi chiedessero di dare un volto all’empatia incornicerei uno dei suoi sorrisi. Lei, sociologa e autrice di numerose pubblicazioni, appena mi vide disse una cosa della quale ancora rido: “Ma questa non è troppo bona per te, Gianlù?!” Ovviamente s’instaurò un rapporto fondato su una profonda complicità e fiducia, tanto da avermi permesso di diventare la compagna di giochi dei suoi figli, nonostante io e suo cugino ci lasciammo con leggerezza.
In tutti questi anni lei è stata la mia più grande fan e mi ha sempre incoraggiata a vedermi, nonostante io non mi sentissi in gradi di farlo. Ora ho 31 anni e vivo a Tavon, un piccolo paese circondato da montagne e boschi in Val di Non.
Qualche tempo fa ho conosciuto Curvy Pride e, durante un incontro online sull’autostima, la sensazione che ho avuto è stata quella di avere di fronte a me tutte le donne della mia vita, o, come mi piace chiamarle, le professoresse giuste! Quelle che negli anni mi hanno aiutata a capirmi, a scoprirmi, ma soprattutto ad amarmi. Questo scritto è dedicato a voi, alla vostra capacità di amare in forma gratuita e senza aspettative chi, come me, ha la fortuna di inciampare in questo meraviglioso gradino dal nome “Curvy Pride”.
Milù, professoressa indiscussa dell’amore.
Valeria, professoressa giusta e amica di Curvy Pride.
La mamma, prima professoressa giusta.
Il presente articolo è stato scritto dalla socia e membro dello Staff Valeria Menapace che dedica del suo tempo alla crescita del Curvy Pride Blog.
Un grazie a tutte le socie e i soci che credono nell’Associazione CURVY PRIDE – APS impegnandosi nel volontariato.
Valeria, puro uragano di energia, ironia, spensieratezza e positività! Una “Xena” dei giorni nostri! “Non è il mondo che fa noi, siamo noi che facciamo il mondo”
A un certo punto della sua vita Valeria si scopre diversa. In realtà sono gli altri a farla sentire diversa. Pensando al suo passato, va alla ricerca di risposte per scrivere il suo futuro.
Questa è una storia vera. Una di quelle che non sentirai al telegiornale e non troverai nei libri di storia. Una di quelle che fanno la vita di tutti i giorni.
Quando è stata la prima volta che ho percepito la crepa? Valeria se lo chiede mentre scorre i commenti sotto il nuovo servizio fotografico che l’ha vista protagonista. Si è messa in gioco davanti a un obiettivo, proprio lei, con quel suo corpo lì, dopo che qualcuno l’ha definita un po’elefantoide. Non ha voglia di spiegare il perché l’ha fatto, non basta alle iene da tastiera sapere che lei voleva solo divertirsi, una come lei non può permetterselo.
UNA COME LEI DEVE GIUSTIFICARSI PER CIÒ CHE È.
Una crepa. Ecco come vede quel dolore che si porta dentro da sempre: un’enorme crepa che le attraversa il petto. Non una frattura, qualcosa che si rompe con un suono forte, distinto. Una crepa è insidiosa, sta lì a farti male e non sai quando ti spezzerà. E lei si è spezzata molte volte. Ora, inquieta, stacca gli occhi dal computer, si alza, traffica con i fornelli per preparare la cena, le sue ragazze discutono in cameretta e a lei non va di intervenire. Se la caveranno. Lei sta combattendo contro quella crepa. Rabbia, delusione, senso di inadeguatezza.
Quando è stata la prima volta che ho percepito la crepa?
Come si sta in un corpo pesante e affaticato? Andrea ce lo racconta nei particolari ma nonostante il dolore riesce a vedere il sole.
Questa storia di vita l’ha scritta per noi Andrea Zuffa, uno degli autori del nostro libro antologia #dilloacurvypride e grande amico dell’Associazione.
La sveglia suona alle 6.30. Apro gli occhi sui secondi che anticipano l’assolo di The Chain dei Fleetwood Mac. Il giro di basso meriterebbe l’inizio di una futura giornata da ricordare eppure è una giornata qualunque, un giorno come un altro.
Mi tiro su e mi metto a sedere cercando le ciabatte vecchie e sformate ai piedi del letto. Ogni giorno di più le guardo pensando che sarebbe ora di comprarne un altro paio.
Il 2019 per la Principessa era stato un anno pesante, in cui aveva salutato per sempre i nonni e la zia. Sperava che il 2020 sarebbe stato un anno dorato: aveva già fatto molti buoni propositi in fatto di uscite, serate, amicizie, giornate di sport, sperando che fosse migliore dell’anno appena passato.
A fine gennaio 2020 la Principessa si ammalò con un gran febbrone e una brutta tosse che la debilitò molto e per questo si ripropose di riprendere tutte le attività che aveva programmato a febbraio .
Un giovedì sera, di ritorno dall’allenamento di scherma, il telegiornale parlava di contagi di un nuovo virus che si stava propagando in Cina nella città di Whuan . La principessa disse tra sé e sé: “Chissà cosa avranno mangiato in Cina!” Tutto, infatti, sembrava partito dal mercato del pesce. La sera seguente uscì a cena con il suo cavaliere e degli amici, si divertì molto e si ripropose di replicare presto quella serata gioiosa e spensierata che aveva appena passato.
Nelle settimane seguenti, purtroppo, la situazione peggiorò e il virus arrivò anche in Italia.
La principessa non se ne preoccupò ma poi, stremata dalla tosse sempre presente, decise di rimanere a casa per curarsi. Seguendo le indicazione della Maga Fattucchiera, prese delle pozioni magiche e migliorò ma non abbastanza da poter uscire dalla torre. I giorni passavano, fu emanato un editto che vietò a tutte le genti di tutte le terre italiane di uscire. Si era nel famigerato Lockdown.
La principessa passava il suo tempo al computer che ormai era diventata la sua finestra sul mondo. Le giornate trascorrevano lente ed erano condite da lavoro, denominato smart working, videochiamate e chattate con le amiche e amici di sempre, tentativi di fare provviste on line, incontri su Zoom e musica che rallegrava i pomeriggi . Le persone che erano autorizzate ad uscire dovevano mettere un mantello magico davanti alla bocca e al naso, per impedire il diffondersi del virus.
La situazione non sembrava migliorare e tutte le attività che aveva pensato la principessa vennero trasformate, dove possibile, in virtuali.
A distanza di un anno la vita dentro la torre con il Re e la Regina è diventata un’abitudine e dopo un po’ di respiro estivo, dove tutto pareva verso la fine, i contagi sono aumentati e le restrizioni e la chiusura sono tornate.
Il virus si insinua nella quotidianità, in una normalità che non esiste più e che forse non tornerà più come prima.
Il virus, maligno, non fa respirare non solo i polmoni, ma anche il cuore e i gesti di affetto sono bloccati, come imprigionati dentro una teca di vetro, trasformati in baci lontani e abbracci virtuali. Alla Principessa mancano molto quei gesti che vengono dal cuore ma lei cerca di abbracciare con gli occhi, sorridendo sempre.
Le magiche pozioni che sconfiggono il Covid 19 sono somministrate lentamente e ognuno deve aspettare il proprio turno. Nel frattempo bisogna vivere questo momento che da poche settimane è diventato un anno e probabilmente durerà ancora.
La Principessa, in carrozza, mettendo da parte le sue vecchie abitudini di un anno prima, si è reinventata pensando a nuovi progetti da realizzare e tra questi c’è la scrittura.
Cara Amica e Caro Amico che stai leggendo questa storia, così facendo aiuti a realizzare il progetto della Principessa, quello di rendere piacevole le tue e le sue giornate in questo periodo della nostra vita così duro, anche perché, non avendo mai vissuto periodi di guerra o epidemie, non eravamo pronti a tutto ciò.
Solo cercando di viverlo al meglio rispettando le regole, stringendo ancora i denti, potremo sconfiggere il nostro nemico invisibile, vincendo questo conflitto dei giorni nostri.
Parola di Principessa in carrozza.
Monia Bolognini, socia di CURVY PRIDE – APS
Riceviamo e pubblichiamo con piacere questo articolo, grazie a tutte le socie e i soci che dedicano parte del loro tempo alla crescita del Curvy Pride Blog, impegnandosi nel volontariato.