Faccio parte di quelle persone che passano parecchio tempo su Facebook. Un po’ per lavoro, un po’ per svago, il dito scorre velocemente sulla home, finestra di vite vicine e lontane.
Nei miei placidi scorrimenti spesso la mia attenzione si sofferma sui post di una madre che ho tra i contatti, che quotidianamente vedo battersi per il diritto ad una vita normale per la propria figlia.
Ogni giorno percepisco la sua frustrazione verso chi non comprende le esigenze della sua bambina e al contempo l’orgoglio incommensurabile di madre per le quotidiane sfide che la figlia supera solo con le proprie forze.
Poiché essere curvyblogger significa anche raccontare vite reali, ho voluto chiedere a questa mamma, che per privacy chiamerò Raffaella, di narrarmi la sua storia.
Categoria: INTERVISTE
QUANDO LA LINGUA FERISCE


credits cover to: Workman Publishing e BUR Biblioteca Univ. Rizzoli
Recentemente sui social è apparsa un’immagine raffigurante due copertine dello stesso libro a confronto, “parent hacks” (letteralmente “trucchi/dritte per genitori”) che nel corrispondente italico è stato tradotto in “mamma no stress”, portando inevitabilmente ad accese discussioni su facebook sulla scelta del titolo definita dalla maggior parte degli utenti discriminante e sessista .
Come mai si è deciso per questa traduzione? Possibile che nel nostro Paese non si riesca a discernere dall’idea che solo la donna si debba occupare della prole?
L’ho chiesto a Martina Russo, in quanto esperta del settore, a cui ho deciso di rivolgermi per darci lumi in merito. La sua competenza, unita alla sua propensione ad affrontare spesso tematiche sociali di discriminazione, mi ha portato a sceglierla come voce autorevole a cui porre le domande che necessitavano di una risposta.
Martina è una traduttrice, laureata nel 2018 alla Sapienza – Università di Roma con una tesi su “The Rocky Horror Picture Show” e la delicata questione del suo adattamento in italiano. Dopo la laurea ha iniziato subito a lavorare a dei piccoli progetti in vari ambiti, tra cui quello medico, quello web e quello legale. Ha lavorato anche in Australia, dove principalmente ha insegnato. E’ una traduttrice ed esperta linguista full time, molto attiva sui portali social come TikTok dove con il nome di Translationbites posta con intelligenza ed ironia delle pillole di traduzione, affronta tematiche linguistiche, racconta il suo percorso di traduttrice e fornisce utili consigli ai giovani appassionati che vogliono intraprendere questa carriera lavorativa troppo spesso sottovalutata.
Ho avuto modo di scambiare più volte qualche parola con lei tramite social, perché i suoi video (una piacevole ventata di cultura) li ho trovati subito il perfetto esempio di come anche TikTok possa divulgare sapere in modo smart e diretto, ma sempre con la leggerezza imposta dalla piattaforma.
–Ciao Martina, innanzitutto grazie per darmi un tuo prezioso parere in merito.
Come mai secondo te è stata scelta questa traduzione anziché tradurre letteralmente il titolo?
Ciao Silvia. Prima di ogni cosa, ci tengo a dirti che spesso e volentieri non è il traduttore a decidere il titolo di un libro, dal momento che c’è un’azione di marketing dietro secondo cui il titolo viene selezionato per la vendibilità del prodotto. Probabilmente un traduttore può dare dei suggerimenti, e in questo caso un traduttore è liberissimo di fare le sue scelte, nel momento in cui le riesce a spiegare e giustificare. Sono consapevole che prima di “sparare a vista sui colleghi” (e alcune volte lo si vorrebbe fare davvero) si potrebbe discutere circa le motivazioni che hanno portato a una determinata scelta piuttosto che a un’altra. Per entrare nel vivo della questione, io vorrei tanto che la scelta traduttiva del titolo Parent Hacks mi stupisse, perché vorrebbe dire che a livello socioculturale avremmo fatto dei passi talmente avanti da riconoscere che certe questioni di genere sono totalmente sbagliate. Purtroppo, la lingua di un posto è direttamente legata alla cultura e all’assetto sociale di quel posto. Le parole, quindi, rappresentano anche una sorta di legittimazione politica e l’Italia è uno di quei paesi dalle basi patriarcali la cui lingua è una lingua fatta innanzitutto per gli uomini. E questo è vero nella misura in cui fino alla grande guerra, e anche dopo, anche la società italiana era prevalentemente fatta per gli uomini, mentre alle donne toccava una posizione fondamentale in quanto madri e donne, ma marginale. Questo, dopo le rivoluzioni femministe, il post-modernismo e le opposizioni della comunità LGBTQ+, ha iniziato a dare vita alla questione dei Gender Studies – in cui non entreremo in merito altrimenti questa intervista durerà 6 giorni- Fino ad allora, tutto ciò che riguarda il genere nella lingua italiana è una cosa normale, sia per fatto che certe parole non fossero di uso, sia perché si è trattato dello standard per molto tempo. Una donna che non poteva essere appellata avvocatessa, significa anche non poteva esserlo, tanto per iniziare. Le donne da un punto di vista sociale hanno sempre dovuto darsi da fare molto più degli uomini per essere riconosciute valide anche solo la metà di loro. Ma perché diciamo questo, cosa c’entra con Parent Hacks? Beh, direi tutto. C’entra col fatto che la traduzione del titolo con Mamma no stress è localizzata in una prospettiva sociale a cui forse non appartiene più. Io lo dico sempre nei miei video, la lingua cambia, si evolve costantemente, ogni settimana vengono coniate decine di parole nuove e ne muoiono altrettante: prendi per esempio parole come Vlog, postare, Social media manager, apericena, bordello, sono tutte parole che non hanno granché in comune se non il fatto che sono neologismi. E questo è giusto. Questo è indispensabile perché l’evoluzione della società lo richiede. Ma se noi, in una società dove esistono davvero famiglie di ogni tipo dalle “tradizionali” con mamma e papà, a quelle con due mamme, con due papà, con o solo una mamma o solo un papà, famiglie composte da nonni, zii, famiglie che ti scegli perché i tuoi genitori biologici non ci sono stati, famiglie allargatissime dove più mamme e più papà hanno raggiunto un’armonia, perché dovremmo localizzare il titolo di un libro, in territorio italiano, in un contesto che non rimanda più direttamente a quello scelto per questo titolo, in un’epoca storica in cui le possibilità sono infinite? Inoltre, se ci soffermiamo proprio sul titolo in italiano Mamma no stress non è solo un titolo che infila la donna nel suo ruolo ormai obsoleto di madre e basta, ma mette in una posizione marginale anche i papà, che sono ancora immaginati come quegli esseri mitologici che con la febbre a 37 chiamano il sacerdote per l’estrema unzione e che non hanno idea di come si cambi un pannolino o come si cucinino le lasagne. Sicuramente esistono ancora famiglie e genitori che si basano e affidano sulla visione della famiglia patriarcale degli anni ’50, ma sono UNA famiglia, una parte della fetta, non il tutto. Perché stiamo parlando di un libro. Andando oltre il suo contenuto che può essere utile o non utile, bello o brutto, condivisibile o meno, un libro scritto ed editato e distribuito ha uno scopo specifico: vendere. Ha bisogno di un biglietto da visita, ovvero il titolo, in cui le persone possono rivedersi, possono empatizzare, verso cui sono naturalmente attratte. Poi è vero che il titolo deve essere accattivante, deve essere facile da ricordare, deve essere Target Oriented per funzionare, ed è anche vero che “I trucchi in aiuto del genitore” perde la leggerezza, l’immediatezza e anche la sonorità della versione originale del titolo (cosa che invece con “Mamma non stress” si mantiene) ma ci sono anche altri modi accattivanti e che non toccano direttamente la sfera di “mamma e papà” e che avrebbero salvato capra e cavoli mantenendo l’attenzione sul vero protagonista del libro: il bambino.
Ho proposto ai miei followers, che sono traduttori professionali e non, studenti, o semplici appassionati (fascia d’età 17- 50 anni) e sono intervenuti con piacere, dando delle idee molto carine. Il dubbio che mi viene è se questa scelta sia stata effettuata proprio per fare “scandalo”. Siamo un po’ in un mondo che funziona al contrario ultimamente, no? Come per la modella non convenzionalmente bella scelta da Gucci. Potrebbe trattarsi di quella che in inglese viene definita una poor choice, una pessima scelta, ponderata per seguire il consiglio del caro Oscar Wilde che suggeriva che “bene o male basta che se ne parli”? Diciamo che una parte di me auspica a questo tipo di ragionamento.
–Ti è mai capitato come traduttrice di affrontare tale situazione? Come hai preferito approcciarti: adattarti al contesto sociale o essere più rigida?
Personalmente non avendo tradotto ancora narrativa non mi sono trovata nella specifica situazione di dover tradurre titoli ufficiali, ma è sempre una scelta importante e difficile da compiere. Il titolo di un libro è come il nome di un figlio, una bella responsabilità. Spesso capita anche nei miei ambiti soliti di lavoro di dover fare delle scelte traduttive non semplici. Ti dico, però, che io non ho niente contro l’uso del maschile come neutro. In fin dei conti, l’italiano ha una base neolatina è ha perso il neutro nel corso degli anni, è una lingua di base patriarcale, che ha dei generi e che dal punto di vista sociale risente ancora di ideologie e “connotazioni” più vecchie. Non ti dico che sia giusto, solo che ne capisco il senso e la necessità in alcune situazioni. Non tutte .Per portarti un esempio concreto, proprio qualche mese fa traducevo del materiale informativo “Eng>Ita” per un target puramente femminile uso due generi e non 66 per pura praticità e convenzione con la lingua italiana. Ovviamente il mio neutro in quel caso era femminile, ma perché c’era un target specifico. Nel momento in cui il target è diventato un pubblico sì, prevalentemente femminile, ma con dei riferimenti specifici anche maschili, ho continuato a usare un neutro femminile, ma con l’aggiunta specifica di esempi che inglobassero gli uomini nel discorso. Dicono che la lingua sia più tagliente di una lama, ed è proprio vero. Basta un attimo ad incappare in convenzioni sociali scomode e a farsi travolgere da un sessismo più o meno intenzionale.
– Quindi la lingua può diventare (passami il termine) sessista a seconda del contesto in cui viene tradotta?
Il contesto è tutto. Sempre, nel lavoro, nella vita. Un contesto frainteso è come andare in pigiama in ufficio il giorno della riunione più importante dell’anno. Da traduttrice ti dico che ogni caso deve essere valutato per sé, e che abbiamo sempre la scelta tra essere fedeli alla lingua di partenza o quella di arrivo. Personalmente, io lavoro sempre Target Oriented perchè è la cosa più logica da fare per avvicinarsi al target appunto. Tradurre da una lingua che non ha genere a una lingua che li ha è un’arma a doppio taglio perché le convenzioni non possono certamente essere sottovalutate, e questo non vuole minare il politicamente corretto o i Gender Studies e nemmeno i Translation Studies, ma i traduttori, e le persone che scrivono in generale, hanno bisogno di una norma a cui attingere per il bene del testo. E se questa deve essere un neutro maschile o femminile nei casi specifici in cui è necessario, so be it. Bisogna affidarsi al contesto. Sta anche alla “sensibilità” del pubblico capire quando si stanno neutralizzando certi elementi perché è l’unica strada, e quando la scelta è consapevolmente sessista. A volte il traduttore non ci riflette abbastanza, ma altre volte diventa una questione di principio per l’audience. La linea è molto sottile.
– E’ possibile che i traduttori si trovino in disaccordo con le scelte delle case editrici su come tradurre un titolo o hanno carta bianca?
Per quanto ne so, in generale se ci sono delle direttive particolari se ne discute. Per quanto riguarda l’elemento specifico del titolo, o viene già predisposto dalla casa editrice nel momento in cui decidono di affidarsi al traduttore X o Y, oppure si avanzano delle proposte e si discute a tavolino, sentendo anche il parere di chi si occupa della parte di marketing. Perché la scelta di un titolo è puramente commerciale.
Ringrazio infinitamente Martina, per avermi concesso il suo prezioso tempo ed essere stata ampiamente esaustiva nella sua spiegazione.
E ora mi rivolgo a Voi, cari lettori, come avreste tradotto questo titolo? Cosa ne pensate? Avete altri casi da sottoporci?
Noi di Curvy Pride siamo sempre pronti ad intavolare un confronto costruttivo ed intelligente, auspicando in un futuro più inclusivo, in un cambiamento che parta dalle radici della nostra società.


In foto: Martina Russo
Il presente articolo è stato scritto dalla socia e blogger Silvia Massaferro che dedica del suo tempo alla crescita del CurvyPrideBlog.
Un grazie a tutte le socie e i soci che credono nell’Associazione CURVY PRIDE – APS impegnandosi nel volontariato.

QUATTRO RAGAZZE DI CURVY PRIDE NEL CALENDARIO ‘SENSUALITY CURVY’
BRESCIA – Quattro ragazze dell’associazione “Curvy Pride” fanno parte del calendario 2021 intitolato “Sensuality Curvy” ideato dal fotografo delle donne curvy Piero Beghi. Sono Laura Tagliaferro, Silvia Sannino, Laura Chiapparini, e Barbara Braghin. Anche il fotografo fa parte dell’Associazione.
Il Calendario è una splendida idea personale e professionale di Piero Beghi, totalmente slegato dall’Associazione CURVY PRIDE.

Quale messaggio vuole dare con questo calendario?
Lo spirito di questo lavoro è rivolto ancora a quelle donne che vengono ormai conosciute come curvy, donne che non devono sentirsi meno belle o mettere in dubbio la loro femminilità solo perché sono un po’ sovrappeso. Le curvy hanno il loro fascino e la loro sensualità e il calendario intende proprio dimostrarlo.
Come sarà il calendario?
“Sensuality Curvy” sarà un calendario molto curato, tutto in bianco e nero proprio per evocare grazia ed eleganza. Quest’anno, infatti, gli scatti che verranno realizzati si prefiggono innanzitutto di far vedere il fascino e la sensualità delle nostre curvy che, proprio per questo saranno ritratte in lingerie. Non ci sarà però nulla di volgare, ma l’immagine proposta sarà sempre molto glamour e giustamente sexy, affascinante, ma senza mai andare oltre.
È un parametro di bellezza diverso rispetto alle classiche modelle?
Sì e con questo calendario voglio trasmettere una riflessione che è rivolta innanzitutto proprio alle stesse curvy. Donne che presentano qualche etto in più rispetto a certi parametri che vanno per la maggiore e, purtroppo, sono duri da cancellare. Questo calendario, invece, vuole sottolineare la bellezza e il fascino delle curvy, indipendentemente da quello che sembra dire o meno la bilancia. In questo senso mi piace sottolineare un aspetto che è emerso sin dal casting che abbiamo realizzato per individuare le modelle per le diverse fotografie.
Le curvy si sono quindi messe in gioco, ci racconti qualche curiosità…
Le donne che si sono prestate o, in alcuni casi, hanno espressamente chiesto di partecipare, innanzitutto, si sono divertite nel posare davanti alla macchina fotografica. Si sono messe in gioco con grande disponibilità ed entusiasmo ed hanno ricevuto una bella iniezione di autoconvinzione. Mi sembra che proprio questo sia l’elemento più importante che mi ha portato a presentare la seconda edizione del calendario che, è bene ribadirlo, ha il fondamentale obiettivo di valorizzare la donna formosa, donne di diverse età, tutte maggiorenni, naturalmente (la più grande ha 53 anni), con l’unico requisito di portare una taglia dal 46 in su.
Come è stato preparato il casting?
Con una preparazione minuziosa e curata. Visto l’anno del tutto particolare che stiamo vivendo, l’invito a partecipare al casting è partito soprattutto via social. Devo dire che l’interesse suscitato è stato davvero notevole, se solo si considera che, alla fine, è stata coinvolta nell’iniziativa una cinquantina di modelle. Dall’inizio di luglio sino al 9 agosto, complice la necessità di rispettare le distanze e i protocolli di sicurezza (obbligo che ha finito per dilatare i tempi del nostro progetto), abbiamo lavorato nel mio studio per una prima selezione che mi ha portato ad individuare venticinque modelle.
Da dove sono arrivate le modelle curvy?
Come già è accaduto per l’edizione 2020, anche quest’anno si sono presentate modelle provenienti veramente da tutta Italia, dal nord e dal sud, e mi piace segnalare che in questo calendario 2021 ci saranno anche due curvy bresciane (lo scorso anno ce n’era una)”.
Quando farà gli scatti per il calendario 2021?
Domenica 25 e lunedì 26 ottobre nel mio studio definirò immagini e dettagli di tutti i mesi che comporranno il calendario.
Dove sarà presentato il calendario?
L’anno scorso il calendario curvy è stato presentato a Milano. Per questo 2020, complice l’emergenza sanitaria e la necessità di seguire la sua evoluzione, non sono state ancora definite le modalità di presentazione.
Dove sarà in vendita?
“Sensuality Curvy” sarà in vendita sui social e sul sito web. Non si tratta ovviamente di un progetto commerciale, ma di un’opera che vuole schierarsi dalla parte delle curvy. I chili in più non devono mai diventare un problema o una causa di mortificazione. Le donne formose hanno fascino e sensualità in gran quantità. Io voglio dimostrarlo grazie all’obiettivo della mia macchina fotografica e farlo sapere al maggior numero possibile di persone, a cominciare, naturalmente, dalle vere protagoniste di questo lavoro, le curvy stesse.
Il presente articolo è stato scritto dalla socia e blogger Barbara Braghin che dedica parte del suo tempo alla crescita del Curvy Pride Blog.
Un grazie a tutte le socie e i soci che credono nell’ASSOCIAZIONE CURVY PRIDE – APS impegnandosi nel volontariato.

MissCurvyssima 2019 – intevista a Deborah Spada
Il 13 Dicembre scorso, al teatro Fabbri di Vignola (Mo) si è conclusa la Finale 2019 di Miss Curvyssima. Tra le 25 finaliste, giudicate per portamento, charme e bellezza oggettiva ha vinto DEBORAH SPADA. Le abbiamo chiesto di aprirsi a noi..
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Per il mio futuro non ho ancora un progetto ben definito a 360 gradi e venerdì è stata l’ennesima prova!
Provo a spiegarmi meglio: Fino a qualche anno avevo già programmavo tutta la mia vita: a 24 anni mi sarei laureata, a 25 mi sarei sposata, a 26 il primo figlio ecc.. ma ad oggi voglio vivermi la vita giorno per giorno, con la testa sulle spalle, andando a definire quello che sarà il mio percorso ma non i particolari che lo caratterizzano. Continuerò a lavorare e studiare ma di sicuro ho le porte spalancate verso questo nuova possibilità che mi è stata data perché fare servizi fotografici e sfilare sono sempre state due passioni che ho avuto e spero che non rimangano solo passioni ma si possano trasformare in qualcosa di più!
Raccontaci di te…
Tutti mi descrivono con due parole: semplicità e solarità e penso siano stati due punti di forza che mi hanno aiutato a vincere.
Sono una ragazza con un carattere molto forte e deciso e quello che mi pongo come obiettivo lo voglio sempre raggiungere.Sono molto legata alle tradizioni soprattutto quelle Romagnole e adorando cucinare (oltre che mangiare!) mi ritrovo spesso ai fornelli e il mio cavallo di battaglia è la pasta fatta a mano e tirare la spoglia quindi guai a chi mi tocca il mio mattarello e il mio tagliere!! Sono molto legata ai valori della famiglia e infatti adoro le domeniche passate a tavola a mangiare con i parenti e il mio sogno è un giorno di avere una bella e numerosa famiglia!
Sono una ragazza molto dinamica e attiva e non riesco a stare molto tempo ferma con le mani in mano ad aspettare per questo mi piace riempiere le mie giornate di cose da fare: oltre al lavoro e allo studio adoro andare in palestra, stare con gli amici, cucinare, e fare sport! Sono una grande appassionata della pallavolo e anche se non la pratico più mi guardo le partite del campionato italiano e adoro il basket e seguo le partite della squadra della mia città l’RBR (Rinascita Basket Rimini). Sono anche una spericolata e adoro il gusto dell’adrenalina quindi mi appassiona il paracadutismo e non vedo l’ora di fare il prossimo lancio! Ho un amore innato per il mare e me lo godo in tutti i modi e quando ho bisogno di isolarmi e mettere a posto i miei pensieri vado sempre a fare una passeggiata in spiaggia. Me lo godo fino in fondo nel vero senso del termine in quanto faccio anche immersioni subacquee e questa mia grande passione l’ho incisa sulla mia pelle (i tatuaggi sono un’altra mia grande passione)! Ho sulla schiena animali marini collegate alle mie passioni (una tartaruga con il mondo nel guscio perché adoro viaggiare, due delfini che giocano a pallavolo e un cavalluccio marino con il fazzolettone scout). Ma quello più significativo per questo contesto è quello che ho sul braccio: una fenice con una bilancia attaccata alle ali e questo simboleggia la rinascita (perché c’è stato ultimamente un periodo un po’ difficile per me e il peso perché quella è stata una grossa battaglia e ad oggi posso dire che sono rinata!).
Com’è il rapporto con il tuo corpo?
Fin da piccola ho dovuto lottare con il mio corpo. Sono stata fortunata rispetto ad altre bambine perché non ho mai avuto atti di bullismo o discriminazione per come ero fisicamente. Ripeto, sono stata fortunta perché le persone hanno guardato prima il mio cuore grande che il mio grande corpo : è vero ho un corpo grande ma un cuore e una bontà che lo sono ancora di più.
Dove il mio corpo non ci arrivava, ci arrivava il mio cuore, la mia testa e la mia bontà e per questo che nei giochi non venivo mai scelta per ultima e mi faceva sentire bene. Non lo vedevo come un ostacolo e quindi continuavo a mangiare in modo sproporzionato con delle grandi abbuffate.
Crescendo il peso stava diventando sempre di più un problema per la mia salute e non me ne stavo accorgendo: mi stavo imprigionando nel mio stesso corpo perché per qualsiasi problema il mio rifugio era il cibo. Ero prigioniera di me stessa e rifugiavo tutte le mie paure le mie insicurezze nel cibo. Era diventato un circolo vizioso: più ero arrabbiata, più mangiavo, più mangiavo e più ero triste e arrabbiata e riprendevo a mangiare.
Per me era uno strazio perché vedevo allontanarsi sempre di più quella che era la mia più grande passione: la pallavolo. Ho iniziato a girare dietologhi su dietologhi, ma puntualmente non riuscivo e non mi interessava realmente avere dei risultati o meglio avrei voluto tutto e subito : avrei voluto perdere tutti i 40 kg in più e diventare una ragazza “normale”. Questo era infattibile e ogni volta ricadevo in quel famoso circolo.
Poi l’adolescenza, uno strazio trovare i vestiti, uno strazio pensare di avere una relazione amorosa. Una fortuna continuavo ad avere: amici che mi stavano accanto, una famiglia che mi stava accanto ma una cosa ad oggi rimprovero loro di non avermi mai detto : “Deborah fermati un attimo, pensa a te stessa, guarda cosa ti sta succedendo”. Perché una delle cose che devo rimproverare a me stessa è che ho sempre messo davanti gli altri a me e io mi reputo una persona testarda che qualsiasi si pone come obiettivo lo deve raggiungere. Con il cibo invece mi sono sempre nascosta dietro a ciò che era la più grande scusa che mi raccontavo: non mi accorgevo che stavo usando gli altri per non affrontare me stessa. Stavo sempre più aumentando il circolo vizioso tristezza- cibo – delusione – cibo.
Poi un giorno mi ritrovai a giocare con un bambino e dovevo prenderlo e mi era quasi diventato impossibile fare due passi figuriamoci correre per prenderlo! Dovevo fare assolutamente qualcosa…iniziai con il salire sulla bilancia…116 kg! Allora iniziai a pensare un po’ a me…iniziai a mettermi in forma a perdere peso, a guardare in faccia il problema: non che avessi una corporatura robusta, dei fianchi larghi, qualche kilo in più ma che era diventato impossibile vivere, era diventato impossibile fare una passeggiata, un po’ di movimento. Arrivai a pesare 68 kg… nemmeno alle elementari ero mai stata così magra, ma ripeto non è una questione di kili ma di benessere… ero tornata a fare sporto, a giocare a stare meglio ma anche lì passai nell’altro estremo era diventata una fissazione e avevo paura a mangiare quel qualcosa in più…poi arrivò anche l’amore e per questo oggi devo ringraziare quello che è il mio ex moroso perché il peso era diventata una fissazione quasi un incubo mentre mi ha fatto vivere ciò più serenità e apprezzando le mie curve mi ha reso anche più sicura di me stessa.
Ad oggi posso dire che mi sono tolta quasi totalmente queste insicurezze, ovviamente ogni tanto qualcosa che non mi rende contenta rimane ma non è più una delusione ma un motivo per continuare a lavorare con serenità su me stessa. E ad oggi parlo di tutto quello che per anni ho tenuto nascosto con tanta serenità, orgoglio e soprattutto sempre con il sorriso!!!
Cosa è stato per te Miss Curvyssima?
Per me è stata una rivelazione in tutti i senti!
Una rivelazione per me stessa…Ha aiutato a tirar fuori un mio lato nascosto, quello femminile, quello sensuale, quello delle sicurezze, sento che ha aggiunto un mattone enorme per farmi diventare una Donna con la D maiuscola! Alla prima sfilata non volevo nemmeno uscire in passerella e invece venerdì mi sono divertita come non mai e sarei stata su quella passerella tutta la notte perché mi fa stare bene ed è per questo che voglio lasciare la porta aperta a questa opportunità!
Una rivelazione sulle ragazze incontrate…dietro al palco si creano dei legami indescrivibili, nel back stage ci si aiuta, siamo un gruppo e ci sosteniamo! Se qualcuna ha bisogno siamo sempre pronte ad aiutarci e a darci consigli…personalmente ho un rapporto con alcune ragazze che va molto oltre alla semplice sfilata, ci sentiamo e ci stimiamo! E sono contenta di aver conosciuto così tante persone e penso di aver aiutato molto a fare gruppo dietro alla quinte!
Una rivelazione perché mai avrei pensato di entrare a far parte di questo mondo e di avere questa bellissima opportunità e sicuramente non me la voglio far scappare!Un grazie di cuore a Samantha che organizza tutto ciò e a far passare il messaggio più importante : “ magrezza non è bellezza!”.
Valentina Parenti (@momincolors ) sogna un mondo senza stereotipi di genere, positivo e attento all’integrazione sociale per questo è membro Curvy Pride, BodyPositiveCatWalk e da poco ha creato @FelicitàFormosa su Parma.
Valentina educa i suoi figli ad una “vita a colori” ed è il segreto della felicità #educareallafelicità.
contatti: parentivalentina85@gmail.com o qui
Pizza e curve – Modena
Referente: Sara Nastro
Città #Pizzaecurve: Modena
contatti: saranastro81@gmail.com / facebook “Sara Nastro” / instagram “Sarella_1981“
Sara, parlaci te, dei tuoi sogni, di cosa ti occupi.
“Sono una mamma di una splendida ragazzina di 15 anni , ormai è da circa 3 anni che mi sono avvicinata al mondo Curvy facendo delle sfilate e prestandomi come fotomodella. Ho partecipato a diversi concorsi Nazionali quali : Miss Curvyssima, Missposa Curvy, Miss Top Curvy. Sono diplomata come Tecnico della Moda, nella vita però faccio la commerciale; diverse sono le passioni che ho oltre alle sfilate, mi diletto a cantare, e mi affascina l’estetica in genere dal make up allo styling dei capelli.”
Come sei venuta a conoscienza di CurvyPride e cosa è per te?
“Ho conosciuto Curvy Pride tramite il concorso di Miss Curvyssima in quanto era uno degli sponsor, ed io sono stata una delle fortunate ad essere premiata con la Fascia “Curvy Pride” direttamente da Marianna Lo Preiato e successivamente poi a Roma ho conosciuto Simona D’Aulerio. Da subito mi sono appassionata del messaggio che si impegnano a divulgare in quanto è un obiettivo che ci accomuna, abbattere gli stereotipi e lottare contro le discriminazioni ponderali, avendo una figlia adolescente, voglio che non idealizzi modelli di bellezza irraggiungibili.”
Raccontaci l’evoluzione di Pizzaecurve nella città in cui sei referente:
“Sono stata scelta come Referente della città in cui vivo ed ho organizzato Pizza e Curve per la mia prima volta a Settembre 2018 (2° edizione) eravamo in 28 la maggioranza conoscenti, ma la mia tenacia a fatto sì che ad ogni edizione raggiungessi sempre un numero maggiore, fino all’ultima dello scorso 18 Ottobre 2019 dove i partecipanti sono stati quasi 60 (metà dei quali non conoscenti). Invoglierò sempre più persone a parteciparvi in quanto ritengo sia un’ottima serata per conoscere persone nuove, eliminare il virtuale, guardarsi negli occhi, darsi un abbraccio, farsi una foto, ridere di gusto e soprattutto sentirsi accettati. Personalmente mi ha regalato sempre tante emozioni nuove, vi hanno preso parte dalla più piccola di 7 anni alla più grande di 82 anni”
“Nessun limite di età, nessun limite di taglia, nessun limite di peso e ne di altezza perché ogni persona può essere bella a prescindere dalla forma fisica, dopotutto anche il tortellino sembra un ombelico cucito male, ma è il ripieno a fare la differenza.”
Sara inoltre si apre di più a noi aggiungendo: “Non sono irreprensibile, nessuno lo è, anzi, sono piena di difetti e imperfezioni ma, oggi ne sono consapevole e comincio ad accettarlo, decido di volermi bene per come sono perché ho la consapevolezza che c’è chi non cambierebbe nulla di me. Nella mia vita ho dovuto sopportare il peso delle parole altrui e non il mio… pertanto oggi mi sono resa conto che sono stata io a permettere di farmi sentire “sbagliata”, “inadeguata”, “imperfetta”, “difettosa”, ma in realtà io come persona, come donna, io…VALGO e quelle che per altri sono imperfezioni, per me sono segni particolari che mi rendono unica e originale.”
Hai un consiglio o una dedica per i nostri lettori: “Impara a piacere a te stesso. Quello che pensi tu di te stesso è molto più importante di quello che gli altri pensano di te.”
Valentina Parenti ( @momincolors ) sogna un mondo senza stereotipi di genere, positivo e attento all’integrazione sociale per questo è membro Curvy Pride e della BodyPositiveCatWalk. Da poco ha creato @FelicitàFormosa su Parma. Valentina educa i suoi figli ad una “vita a colori” ed è il segreto della felicità #educareallafelicità.
