DONNE A TUTTO TONDO. IL BRUCO E LA FARFALLA

Tondo rimanda a qualcosa di perfetto. Pensate solamente al cerchio di Giotto. A tutto tondo indica ciò che può essere visto, osservato e contemplato da tutti i lati e le donne, a partire dalle loro forme fino ad arrivare al loro universo più completo, ne rispecchiano in pieno il concetto. Obiettivi, speranze, sogni, delusioni e amore. Sì, perché l’amore è tondo. Non lo sapevate?

Ci vuole un cambiamento

Questa personale riflessione parte da una frase stampata sulla stola di un meraviglioso abito, che abbiamo visto tutti.

Se siete curiosi, qui troverete dove è nata la famosa frase. In ogni caso, se fosse stato per me l’avrei messa anche sul davanti, però avrei scritto: Sentiti libera.

Sembra sempre che le donne non debbano fare altro che abbattere paletti! Troppo spesso piantati da loro stesse, è vero, come se dovessero rincorrere un masochistico autosabotaggio. Sembrano voler dire: Se mai la vita fosse troppo facile… che ne pensate di inserire un imprevisto? Le probabilità sono talmente tante che non vengono prese nemmeno più in considerazione. Niente di più sbagliato.

Noi stesse ci siamo strizzate, represse, mortificate in corpetti fin troppo stretti che non ci fanno respirare. In ordine sparso e non per importanza: il matrimonio, il non matrimonio, la convivenza, la non convivenza, la casa, le pulizie, la spesa, i figli, l’accudimento, il lavoro, i nipoti, lo studio, l’amore, l’amicizia, le vendette, i rancori, le delusioni, le passioni, la dieta, gli hobbies, la palestra, il peso, i capelli, il trucco, le rughe… Oh cavolo! Volete vedere che ci manca solo il coraggio per ri-prenderci il nostro tempo? Quello più importante, quello che occorre per liberarci, finalmente e una volta per tutte, di tutti questi fardelli.

A quando il lancio dei tacchi e il tuffo sul divano con un libro?

Già vi sento: ma come faccio? ma che dici? Vi confido un segreto: il mondo andrà avanti lo stesso anche se voi vi fermate. Dai, davvero?! La Terra seguirà la sua rotazione, le stagioni si alterneranno, strampalate, ma lo faranno, anche senza che voi abbiate preso l’ennesimo straccio per rimuovere la polvere. Noo! Come è possibile?!

Il mondo in se stesso non ha difetti, siamo noi che ce li creiamo.

Il sogno di ricchezza, la competizione per essere sempre ai primi posti, il desiderio di avere quanti più followers possibili. Ma poi, tutta ‘sta gente che vi segue non vi mette un po’ d’ansia? A me sì!

Direi che forse è giunto il momento di cambiare dimensione e direzione, abbiamo bisogno di un po’ di tranquillità in più. Ci vuole un cambiamento. Non è facile, ma è opportuno perché senza cambiamenti si ristagna! E voi lo sapete che la stasi fa male a tutto, cellulite compresa.

Basterebbe provare a non fossilizzarsi solo sul conosciuto, ma esplorare. Con curiosità. Cambiare semplicemente il punto di vista e certe volte serve proprio poco per dare una svolta alla propria vita senza insistere sulle stesse cose – abitudini, persone – ma cambiando strategia di attacco.

Come? Con consapevolezza, motivazione, superamento delle resistenze.

Valutare con calma la situazione per distinguere ciò che va opportunatamente cambiato, che poi sarebbe quello che non ci fa più stare bene, da ciò che occorre accettare così come è – magari cambiando il nostro atteggiamento in relazione al fatto specifico. La chiave di s-volta siamo sempre noi.

Esempio sciocco. Tanti vanno in palestra per sentirsi fighi – sì, una gran parte delle persone lo fa per questo, solo per farsi vedere. A me non va. Non mi piace per niente. Allora cerco di camminare un po’ di più, faccio una piccola cosa per me stessa e mi sento meglio. Ho raggiunto un compromesso. Un piccolo contributo all’accettazione del sé.

Non facciamoci sempre trasportare da ciò che vogliono gli altri, da cosa fanno, da cosa vorrebbero che facessimo noi. Anche le scritte, quando usate solo come slogan, lasciamole perdere. Non contano. Non sono importanti, non quanto noi stessi. Oh per favore! Qui ci starebbe proprio bene la famosa frase del Marchese del Grillo!

Perdonatemi, ma è solo per dire che la parte importante dell’equazione siamo proprio noi e che abbiamo tutti gli strumenti per farlo, per abbattere quei paletti che ci siamo costruiti per rimanere ancorati nella comfort zone, per sentirci sicuri anche se oppressi. DRIIN! SVEGLIA!

Insomma, noi abbiamo desideri, voglie, sogni, aspettative, progetti. Sono nostri e non degli altri. Viviamoli.

Per seguire la strada del voglio fare serve una motivazione, occorre vincere qualche resistenza, io ci sto lavorando. Perdere qualche valore acquisito non vuol dire perdere l’identità fino a questo momento raggiunta. Potrò solo essere migliore. Il cambiamento porta questo.

Foto di Miriam Fischer da Pexels

Facciamo come il bruco e la farfalla… una volta acquisita la nuova conoscenza, prendiamo il volo. Anche da soli se occorre. Il cielo è grande e, se ci dovessimo sentire soli, incontreremo certamente qualcuno come noi per continuare i nostri viaggi avventurosi.

Vi anticipo che il prossimo mese, prendendo proprio spunto da questo articolo, ci sarà una sorpresa. Per voi… così come lo è stata per me.

La vera libertà è essere quelle che siamo. Sempre.

Per essere la protagonista del prossimo articolo SCRIVIMI QUI

Sono nata nel 1968 – contate in silenzio – a Roma.
Mi muovo esclusivamente con i mezzi pubblici perché non guido e non potrei mai vivere senza Trastevere, il Colosseo, le stupende fontane della Capitale e i fastidiosi sampietrini.
Da che ho memoria ho riempito di scarabocchi tutto ciò che ho avuto la fortuna, o la sfortuna fate un po’ voi, di avere a portata di mano: dal muro di casa dietro il divano del soggiorno (avevo quattro anni), a ritagli di carta, quaderni e diari. Da allora è stato un susseguirsi di poesie, racconti, romanzi e favole per bambini, il tutto condito da premi, pubblicazioni e gratificazioni varie.
Golosa di dolci e di emozioni. Amante di viaggi e fotografie. Adoro Vasco e i Queen… sì, lo so che sono agli antipodi, ma così è!
Se vuoi contattarmi in privato, scrivimi qui: cristiana.ian@libero.it

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DONNE A TUTTO TONDO. IL DOPO SAN VALENTINO E LA RICERCA DELL’AMORE.

Tondo rimanda a qualcosa di perfetto. Pensate solamente al cerchio di Giotto. A tutto tondo indica ciò che può essere visto, osservato e contemplato da tutti i lati e le donne, a partire dalle loro forme fino ad arrivare al loro universo più completo, ne rispecchiano in pieno il concetto. Obiettivi, speranze, sogni, delusioni e amore. Sì, perché l’amore è tondo. Non lo sapevate?

Un pizzico di storia

Lo so, il giorno di San Valentino è passato ma io, non contenta di baci e cuori e bigliettini, lo voglio prendere come spunto per il mio nuovo articolo.

Nell’antichità erano in voga dei riti pagani dedicati al dio della fertilità Luperco. Vi partecipavano sia le donne già in attesa, per benedire e dare speranza alla buona riuscita della gravidanza, che le donne desiderose di maternità, le quali decidevano di ingraziarsi il dio tramite la partecipazione attiva alla festa che consisteva nel farsi colpire allegramente da colpi, spero innocui, di verga. Ogni riferimento non è casuale. 🙂

fonte: web

Nel 496 d.C. il papa Gelasio annullò questa festa pagana per sostituirla con quella di San Valentino, il vescovo martirizzato dall’Imperatore Claudio II perché si era ostinato a sfidare la sorte unendo in matrimonio giovani coppie innamorate. Le stesse alle quali, però, lo stesso imperatore aveva negato il consenso a causa, spesso, delle differenze sociali.

Non voglio discernere su sacro e profano, ma credo che un evento, seppur basato su di un rito pagano e tralasciando la verga, atto a propiziare la fecondità abbia un che di buon auspicio. Non vi pare? Creare, invece, una festività al solo fine di escludere le feste pagane, per poi basarla sul martirio di un uomo che, seppur a fin di bene univa le coppie in matrimonio, mi mette un po’ d’ansia. A voi, no? Perché – e qui la domanda sorge spontanea – tutto quello che si basa sull’amore e sulla felicità pare che come sottotraccia debba contenere la sofferenza?

Questo aforisma di Anatole France, premio Nobel per la Letteratura nel 1921, la dice lunga. Se sia una risposta adeguata non saprei dirlo con precisione, ma potrebbe essere una delle tante.

Da quando le religioni hanno arpionato l’amore, quello fisico e passionale intendo, ogni cosa è diventata un tabù: il corpo, le sensazioni, il desiderio. Tutto si concentra nella privazione e nel sacrificio. Ma quando si ama lo si fa con tutto il corpo e, soprattutto, lo si fa con allegria e spensieratezza. Amore è gioia. E questo vale tanto per l’amore fisico quanto per quello spirituale.

Sembra che Paul Valéry, scrittore francese, abbia coniato l’aforisma qui sopra e mi trova molto d’accordo. Tutto sta in come consideriamo quel cretini, e cioè essere naturali e spontanei. Così dovrebbe essere l’amore.

Da un po’ di giorni sto seguendo, per puro spirito critico e tra un sonnellino post-prandiano e l’altro, una soap turca. Intrighi e drammi sono alla base di questa storia che si svolge negli anni ’70 in un paesino della Turchia. Attori belli, con lo sguardo profondo e carismatico, alla Omar Sharif per intenderci, le nonne e le mamme di una certa età mi capiranno.

Pare che, non lo dico io ma le statistiche, intrighi, ricatti e lo svolgimento di un amore epico riescano a tenere avvinte non so quante persone. Milioni. Non so quante di loro abbiano deciso di mettersi davanti alla televisione come me, solo per notizia di cronaca e per facilitare un sonnellino. Perché tutto questo successo? Perché c’è bisogno di parlare d’amore solo se dietro c’è sofferenza. E quale sofferenza, poi! Nel caso specifico, continuo a chiedermi, perché piace così tanto una soap che mostra donne sottomesse, a volte furbe ma pur sempre sottomesse, e uomini crudeli e assassini? Veramente c’è bisogno di questo per tenere viva la passione? Eppure c’è chi trova del testosterone in un uomo che ricatta la moglie togliendole il figlio, così, solo per dimostrare il proprio potere. E chi, addirittura, si strugge per lui quando piange – appena due lacrimucce appese – perché il suo è un amore non corrisposto. Lo trovo anche un po’ pericoloso, ma questa è una mia opinione personale e, quindi, prendetela con le dovute pinze.

Io non ho risposte. Mi faccio solo tante domande che non hanno nulla a che vedere con la soap in se stessa, prodotto creato ad hoc, ma per chi si riconosce in certo stereotipi. Purtroppo.

Se amore è gioia, allora si può raccontare anche una storia divertente. Guardare il film “Harry ti presento Sally”, tanto per citarne uno, non vi ha divertito?

Sì, un pizzico di ansia/tormento lo capisco, ma un pizzico! Probabilmente non ne uscirebbe fuori una soap vincente per enne stagioni, e capisco pure che il marketing si potrebbe sentire attaccato, ma almeno non ci si ritroverebbe avviluppati sempre in quel sentimento di angoscia e depressione e acredine che pare debba essere alla base di tutti gli amori belli. Non è così!

Se poi tante persone si riconoscono in situazioni, frasi ed emozioni scaturite da questa, e altre, soap… io, da osservatrice, capisco solo una cosa: che siamo messi male. Che manca del tutto una coscienza critica che faccia gridare macherobaèquesta? Non è forse meglio un documentario sugli animali? Anche lì c’è avventura, ci sono agguati e atrocità varie, ma tutto è regolato da Madre Natura e non dal senso di possesso attribuito dai secoli all’uomo, inteso proprio come essere maschile.

Io non ci sto!

Attenzione che qui c’è lo spoiler.

Vi dico che, non leggete oltre se non volete sapere, quella soap finisce male e, se ci pensate, non potrebbe essere altrimenti visti i presupposti.

Il finale vissero per sempre felici e contenti lo ritroviamo solo nelle favole che abbiamo letto durante l’infanzia e la prima adolescenza e che, porcaccia miseria, ha fatto un sacco di danni.

Se volete sapere quali… ve lo racconterò in un altro articolo.

Viva l’amore e la possibilità di viverlo in piena gioia e un po’ come ci pare. Senza troppe lacrime e, soprattutto, vietati i ricatti e le dimostrazioni di potere. L’amore è dare e non avere. Offrire e non pretendere. Che sia S. Valentino a professarlo o il dio Luperco a dimostrarlo… a modo suo, ognuno ha il diritto di trovare la propria strada. Qualunque sia. Con chi sia.

Così sia.

La vera libertà è essere quelle che siamo. Sempre.

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Sono nata nel 1968 – contate in silenzio – a Roma.
Mi muovo esclusivamente con i mezzi pubblici perché non guido e non potrei mai vivere senza Trastevere, il Colosseo, le stupende fontane della Capitale e i fastidiosi sampietrini.
Da che ho memoria ho riempito di scarabocchi tutto ciò che ho avuto la fortuna, o la sfortuna fate un po’ voi, di avere a portata di mano: dal muro di casa dietro il divano del soggiorno (avevo quattro anni), a ritagli di carta, quaderni e diari. Da allora è stato un susseguirsi di poesie, racconti, romanzi e favole per bambini, il tutto condito da premi, pubblicazioni e gratificazioni varie.
Golosa di dolci e di emozioni. Amante di viaggi e fotografie. Adoro Vasco e i Queen… sì, lo so che sono agli antipodi, ma così è!
Se vuoi contattarmi in privato, scrivimi qui: cristiana.ian@libero.it

DONNE A TUTTO TONDO. Ricordi di Natale.

Tondo rimanda a qualcosa di perfetto. Pensate solamente al cerchio di Giotto. A tutto tondo indica ciò che può essere visto, osservato e contemplato da tutti i lati e le donne, a partire dalle loro forme fino ad arrivare al loro universo più completo, ne rispecchiano in pieno il concetto. Obiettivi, speranze, sogni, delusioni e amore. Sì, perché l’amore è tondo. Non lo sapevate?

A Natale, tutto è possibile.

Il mio articolo di oggi sarà dedicato alle imminenti feste natalizie.

Che creatività, state esclamando in coro. Già vi sento. Avete ragione ma, quando si avvicina, il Natale ha la capacità di fagocitare tutto il resto. Se non altro per tutti i preparativi che impegnano non poco. Tralascio volutamente l’aspetto religioso – mi impelagherei in ambiti quasi sconosciuti e cadrei nel trito: buono è bello, bravo è meglio- per dedicarmi esclusivamente a quello dei ricordi.

Si sa, il Natale, soprattutto per i bambini, è una grande occasione. Stare tutti in famiglia, riuscire a rimanere alzati fino a tardi – anche solo per mettere l’ultima statuina nel presepe – giocare con i cugini, scartare i regali. Ah, scartare i regali. L’ho detto che non parlavo dell’aspetto religioso, vero?

Ai miei tempi la giornata più attesa era quella della Befana, nonostante ci facesse più paura in assoluto. Niente a che vedere con il placido Babbo Natale panciuto, sempre buono e amante del buon cibo. La Befana, con il suo naso bitorzoluto, i capelli grigi, la scopa volante e il morso sulla mela era, a tutti gli effetti, una strega che, però, portava doni e per questo mio fratello ed io ce la facevamo stare simpatica! Con tutta la paura!

Elisa da Pixabay

Ne ho un ricordo bellissimo. A partire proprio dal morso sulla mela che indicava, senza ombra di dubbio, che la vecchina era passata nella nostra casa e questo ci lasciava sempre con il fiato sospeso perché, di sicuro, qualche marachella l’avevamo combinata durante l’anno passato e non sapevamo mai quanto carbone aspettarci. Inoltre, avevamo trascorso quasi tutta la notte con la paura tremenda di questa tipa che entrava da chissà dove. Non abbiamo mai avuto il caminetto in casa e quindi, certi che la strega buona fosse magra, ma non così esile da entrare dai filtri minuscoli di una normale cappa da cucina, avevamo suggerito ai nostri genitori di lasciare la finestra della cucina aperta, almeno uno spiraglio. Che poi, a ben pensarci, non sarebbe riuscita a passare tanto agevolmente nemmeno di là, ma il periodo magico consentiva tutto.

Alexa da Pixabay

Superata la prima tappa, e cioè aver controllato che sulla mela fosse ben visibile l’impronta dei denti, che doveva essere sempre la stessa perché la Befana una era – questo vuol dire che mio padre, che aveva un dente storto, tutti gli anni mordeva il frutto lasciando lo stesso segno inconfondibile – con mio fratello ci avventuravamo nel lungo corridoio per arrivare al salone. Uno scambio di sguardi precedeva il breve dialogo: “Apri tu!” “No tu!” Dopo i primi tentennamenti, spinti dalla grande curiosità di vedere oltre quella porta chiusa, ci facevamo coraggio a vicenda. “Va bene… allora apriamo insieme, dai.”

Era sempre la stessa visione che tutte le volte aveva il potere di sorprenderci e di lasciarci a bocca aperta. La sala era piena zeppa di regali. Ovunque. I miei avevano adottato una fantastica soluzione, sempre per restare in tema di magia: aprivano tutti i regali che ci erano stati portati da amici e famigliari, eliminavano le scatole e ne sparpagliavano il contenuto in ogni dove. Scarpette di Barbie da cercare; vestitini, gettati qua e là senza un ordine particolare, da dover ricomporre per il giusto abbinamento; macchinine sulle sedie e sui mobili; bambole sedute sulla tv; peluche e pentoline; la pista delle automobili già montata; robot che camminavano… Dolciumi in ogni angolo e l’immancabile carbone da dover riporre nella calza svuotata. Tutto al contrario. Non so quanto tempo impiegassero i miei a creare quella meraviglia nel silenzio della notte, ma credo che siano stati sempre ampiamente ripagati dalle nostre esclamazioni di gioia incontenibile.

Gerhard da Pixabay

Alla fine i regali non erano poi così tanti, ma noi passavamo un’intera giornata a cercare tutto come in una lunghissima caccia al tesoro. Il colpo d’occhio, meraviglioso, della stanza piena di giochi ha lasciato in noi un ricordo indelebile.

Ci serviva poco per essere felici. Come quando una mattina, subito dopo aver fatto colazione tutti e quattro insieme, ci siamo ritrovati a giocare a monopoli, l’ultimo gioco in scatola arrivato nelle festività, per quasi due giorni interi. Lasciavamo la partita in attesa solo per i pasti e poi, rigorosamente in pigiama per tutti e due i giorni, tra una fetta di pandoro e un pezzo di torrone, continuavamo la sfida fino all’ultima banconota di carta. Una figata!

L’attesa. Lo stare insieme, le risate complici mentre mangiavamo un dolcetto di nascosto. Che poi tutti sapevano, ma facevano finta di nulla per stare al gioco. Le luci colorate e la sensazione del tutto può succedere. Adesso, per forza di cose, quel tutto è molto diverso. Lo sguardo si è fatto più attento alle tante situazioni esistenti e, purtroppo, reali. Fare buone azioni – e non so se sia argomento religioso o meno – può aiutare a rendere questo periodo più vicino al vero spirito natalizio. Spirito che, comunque, dovremmo avere sempre, tutti i giorni dell’anno. Eh, basta! Ho detto no con il trito ritornello: buono è bello, bravo è meglio!

No-longer-here da Pixabay

Un particolare e sentito pensiero va anche a tutti i grinch, odiatori compulsivi delle festività natalizie, dei buoni sentimenti, delle visite ai parenti, delle canzoncine smielate. Un po’ grinch lo sono anche io, lo ammetto, almeno per qualche elemento su menzionato – a scelta – ma poi mi ritrovo sempre a partecipare con il mio immancabile cerchietto abbellito dalle corna rosse di una non meglio specificata renna natalizia, per giocare con i piccoli di casa… quindi? Quindi, sono solo chiacchiere e distintivo.

Un altro ricordo che vorrei condividere con voi risale a pochi anni fa, prima della pandemia, quando ancora ci si riuniva a casa con gli amici. Alla frase “Tutti da me” ecco che iniziano le telefonate sul cosa fare, cosa non fare ed è in quel momento che arriva la proposta del classico gioco natalizio: la tombola! “Ma no, vi prego, a me non va di giocare a questo gioco!” “Ti divertirai, questa non sarà la classica tombola.” Così, un’amica mi illustrò il nuovo gioco: LA SCHIFO-TOMBOLA. Non storcete il naso sulla parola perché credo di non essermi divertita mai così tanto a chiudere le caselline delle cartelle. Tutti i partecipanti avevano il compito di incartare, a casa propria, dei pacchettini all’interno dei quali mettere le cose più brutte esistenti in casa, quelle da buttare, rotte, blister di pasticche, maglioncini infeltriti o regali riciclati – le case ne sono piene – oppure qualche oggetto estremamente trash da acquistare a poco prezzo nei negozi cinesi. Ognuno aveva l’unico obbligo di portare 6 pacchettini, dal più piccolo al più grande: dall’ambo al tombolino. Una tombola al contrario dove nessuno aveva voglia di chiudere la casella e rischiare di vincere la schifo-tombola! Ho vinto, nell’ordine: uno specchio orrendo, un blister di compresse per la cellulite, tre le pasticche rimaste, che la proprietaria non prendeva più perché non funzionavano, un copri water di pelo rosso per i freddi giorni di festa. Questa, ovviamente, è stata la tombola. Che gran fortuna, non è vero? A soldi, nada de nada, non vinco mai, ma quando si tratta di vincere il copri water di pelo… eccomi! Vi dico, divertentissimo. Disfarsi di carte e regali è stato un tutt’uno.

Dopo questa bella immagine del copri water di pelliccia rossa, vi lascio ai vostri preparativi, ai vostri ricordi e a tutti i progetti futuri con un mio personale augurio per allietare e profumare le vostre case. Idea che potrete copiare, come ho fatto io, e anche regalare a chi volete.

Vi serve un barattolo di vetro, o un qualsiasi altro contenitore trasparente. Fettine di arance essiccate – semplicissime da fare, potete trovare come realizzarle anche su internet -, stecche di cannella, chiodi di garofano, rametti di abete, anice stellato, olio essenziale di cannella o pino. Il tutto è facilmente reperibile nei negozi di casalinghi e nelle erboristerie.

Monfocus da Pixabay

Il procedimento è semplicissimo: sbriciolate i bastoncini di cannella sul fondo del recipiente, aggiungete qualche goccia dell’olio che avete scelto, poi fate degli strati di arance, pezzettini di cannella, aggiungete chiodi di garofano, anice, i rametti di abete e ancora qualche goccia di olio profumato. Mettete i vasetti sui termosifoni e subito sentirete intorno a voi aleggiare l’atmosfera natalizia. Ne sarete deliziati. Non è una magia, ma a me piace crederlo… non me lo vieta nessuno. A Natale si può.

Tanti tanti tanti auguri di cuore.

La vera libertà è essere quelle che siamo. Sempre.

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Sono nata nel 1968 – contate in silenzio – a Roma.
Mi muovo esclusivamente con i mezzi pubblici perché non guido e non potrei mai vivere senza Trastevere, il Colosseo, le stupende fontane della Capitale e i fastidiosi sampietrini.
Da che ho memoria ho riempito di scarabocchi tutto ciò che ho avuto la fortuna, o la sfortuna fate un po’ voi, di avere a portata di mano: dal muro di casa dietro il divano del soggiorno (avevo quattro anni), a ritagli di carta, quaderni e diari. Da allora è stato un susseguirsi di poesie, racconti, romanzi e favole per bambini, il tutto condito da premi, pubblicazioni e gratificazioni varie.
Golosa di dolci e di emozioni. Amante di viaggi e fotografie. Adoro Vasco e i Queen… sì, lo so che sono agli antipodi, ma così è!
Se vuoi contattarmi in privato, scrivimi qui: cristiana.ian@libero.it

DONNE A TUTTO TONDO: AZZURRA MAZZARA.

Tondo rimanda a qualcosa di perfetto. Pensate solamente al cerchio di Giotto. A tutto tondo indica ciò che può essere visto, osservato e contemplato da tutti i lati e le donne, a partire dalle loro forme fino ad arrivare al loro universo più completo, ne rispecchiano in pieno il concetto. Obiettivi, speranze, sogni, delusioni e amore. Sì, perché l’amore è tondo. Non lo sapevate?

Ospite di oggi: Azzurra Mazzara.

Con mio grande piacere vi presento la prima ospite della rubrica Donne a tutto tondo: Azzurra Mazzara.

Azzurra è una donna dai mille volti e dalle altrettante attività: innanzitutto è una naturopata di professione, diplomata dopo quattro anni di Accademia e vari master. Da un anno collabora con Mister JP, il referente nazionale di un’impresa moda uomo e donna per il Triveneto, e insieme portano avanti vari progetti di sensibilizzazione, come la campagna contro la violenza sulle donne attraverso il progetto Indossare l’arte; e quella relativa alla fibromialgia, affinché venga riconosciuta come malattia invalidante. A questo proposito, a breve Azzurra presenterà al pubblico il suo libro, dal titolo Io fibro anima. Inoltre, è modella curvy e, sempre insieme a Mister JP, anche influencer ufficiale per Pitti Uomo, una delle manifestazioni di moda più importanti d’Italia.

Puoi raccontare a chi ci legge la tua storia e come riesci a conciliare la moda, che ti sta dando molte soddisfazioni, con il tuo lavoro?

Non ho paura di raccontare la mia esperienza molto particolare. Quando ho iniziato con i concorsi di moda e a vincere le fasce nell’estate del 2020, avevo una vita molto agiata con il mio ex marito e questo mi ha permesso di non avere molti pensieri, infatti ho seguito il mio percorso fra eventi shooting e sfilate in tutto il centro nord. Oggi la mia vita è profondamente cambiata: mi sono trasferita e allontanata da quella relazione matrimoniale evidentemente tossica per me e dopo vari periodi di riabilitazione emotiva e psicologica ho potuto ricominciare una vita dove la mia indipendenza economica è iniziata da un lavoro di pulizie professionali. Non mi vergogno affatto di dire che negli ultimi sei mesi, dopo una settimana con la sveglia alle 4:00, affrontando tutti i dolori della fibromialgia, quando nel weekend ci spostavamo per gli eventi in programma, avevo paura di non farcela o di crollare durante una passerella. Mi addormentavo in macchina durante il viaggio di ritorno e spesse volte ho rinunciato all’ultimo a qualche invito per la stanchezza e le pessime condizioni fisiche. Ad oggi sto di nuovo cambiando lavoro, sto conquistando una posizione molto importante che è quella di responsabile di punto vendita all’interno del centro commerciale tra i più grandi di Italia. Oggi ho compreso che qualsiasi sia la mia posizione lavorativa in futuro affronterò tutto con immensa gioia poiché non ci si deve mai montare la testa e bisogna rimanere umili anche se si calcano le passerelle della Milano Fashion Week, o anche se si è invitati in trasmissioni di leva nazionale come ho avuto il piacere di fare. Infine, svolgo la mia attività di naturopata nel weekend collaborando con associazioni o con altre colleghe naturopate e creando eventi a scopo di fare educazione primaria della salute. La mia passione del momento è organizzare piccole gite ed escursioni presso boschi ed alberi monumentali per praticare i bagni di foresta. Insomma, per una persona multipotenziale come me non è facile conciliare i sogni con le bollette. Ma si cerca di fare del proprio meglio!

Secondo te, quanto si ha paura di apparire inadeguati in una società che predica “il bello” a tutti i costi?

Siamo passati dal cerone degli anni ‘50, quando bastava solo un make-up all’avanguardia per essere al top, a trattamenti invalidanti per i quali molti malati di immagine – come li chiamo io – hanno anche rischiato la propria vita. Non dimentichiamo l’adrenocromo, sostanza brevettata nel 1985 dallo scienziato inglese Deryck F. Nata come cura per la schizofrenia e l’epilessia, ha la capacità fortissima di rigenerare il tessuto interno, e per questo molte star di Hollywood ricorrono all’utilizzo di questa sostanza, iniettandola per la modica cifra di 20.000,00 euro. Penso che, per fortuna, le nuove generazioni stiano lentamente assistendo a un cambiamento di passo, per il quale in maniera diretta o indiretta, volontaria o involontaria, tutto il mondo della moda e del fashion si sta avviando verso una realtà più inclusiva.

Ma la strada è ancora lunga e si dovrebbe pensare a un’educazione mirata e progettata che entri nelle scuole e che insegni ai giovani a non identificarsi nei vari modelli sociali che si succedono era dopo era.

Per quello che mi riguarda, non mi sono mai preoccupata del mio aspetto fisico che, se devo essere sincera, non è mai stato un problema. Fin da bambina fortunatamente non sono mai stata oggetto di bullismo e non ho mai sofferto di un’obesità grave. Non mi sono mai sentita brutta anzi sono sempre stata consapevole di essere una gran bella ragazza. Una cosa che invece mi ha sicuramente molto segnata è stata la violenza sessuale che ho subito all’età di 5 anni che, sommata a un padre assente fin dalla nascita, ha comportato delle problematiche psicologiche che ho dovuto affrontare sin dall’adolescenza. Sono convinta che già da bambini possa essere molto utile avere delle nozioni di base di lavoro sull’Io e sulla conoscenza del sé, cosa che con me ha fatto veramente la differenza e mi ha aiutata a superare tutte le mie problematiche.

Nel mondo della moda e dello spettacolo, e non solo, le donne sono da sempre bersaglio di commenti negativi, specialmente se si tratta di curvy. Secondo te, perché?

Con questa domanda andiamo a nozze poiché io sono una fortissima sostenitrice della filosofia di ESHO FUNI, ovvero la non dualità tra vita e ambiente, concetto che ho studiato e approfondito nei miei 15 anni di pratica buddista. Questo principio asserisce che più la tua fragranza interna sarà mantenuta e più gli eventi esterni saranno favorevoli, tanto da farti sentire protetta. In altre parole potremmo dire che coltivando internamente un equilibrio tra desideri terreni e illusioni mentali – compresa quella che vi siano persone migliori o peggiori di noi – possiamo godere di abbondanza di buone relazioni. Se, al contrario, dentro di noi coltiviamo rabbia, invidia, collera, l’ambiente risponderà facendo da specchio e restituendoci una realtà che risuona alla stessa frequenza che stiamo emanando in quel momento.

Credo di aver risposto alla domanda, ma vorrei aggiungere che per ovviare al problema degli insulti e della cattiveria che spesso si abbatte soprattutto su noi modelle curvy, sia urgentemente necessario creare un’inversione di marcia rispetto a ciò che stiamo vedendo proprio nell’ambito delle aspiranti modelle curvy o emergenti. Non dirò la solita banalità per cui se ci si espone, per forza di cose si è criticati. È un luogo comune. Anche sostenere che ci saranno sempre persone che giudicheranno, non è una consolazione e non porta nessuna soluzione al problema dei commenti negativi. Ciò che invece potrebbe fare la differenza è assolutamente una rivalutazione di noi stessi e questo è possibile mettendosi sempre in gioco, avendo l’umiltà di accettare che ci sono persone che hanno sempre da insegnare e imparare a seguire i modelli che sono più in alto di noi. La domanda è: quale modello voglio seguire? Ma soprattutto che messaggio voglio far passare di me? La comunicazione non verbale in uno scatto è tutto. Da una piccola smorfia o un movimento leggermente diverso può passare in un attimo il messaggio da: guardate come sono professionale a guardate come sono in cerca di apprezzamenti. Quindi ad ognuno la propria ricerca. Va bene tutto. Basta avere le idee chiare.

Hai anticipato la mia prossima domanda! Spesso le donne sono anche esclusivamente oggetto di marketing. Quanto è importante la consapevolezza nel mostrarsi e quanto conta il proprio atteggiamento per il raggiungimento degli obiettivi prefissati?

Appunto, abbiamo parlato di atteggiamento e come sia importante essere consapevoli di come usare il linguaggio del corpo per comunicare.

Per rispondere a questa domanda vorrei lasciare qualche consiglio.

Il primo è approcciarsi al mondo curvy come alla scoperta di un sé nuovo e sacro, come se si entrasse in un luogo di cui non sappiamo niente, un tempio, e far sì che lo scopo di questo viaggio non sia colmare le insicurezze attraverso il bisogno di riconoscimento da parte degli altri, bensì che il viaggio sia la scoperta del proprio valore e della propria unicità. Solo così a mio avviso si può andare lontano, altrimenti ci si brucia in uno o due anni e si rischia di attrarre solo ostilità dai colleghi e dagli addetti ai lavori o di rimanere mediocri nel mondo della moda. L’altro consiglio che mi sento di dare è quello di lasciare il nudo fai da te, i selfie, e le strade improbabili dei contest on line – spesso alcuni sono vere e proprie gare a chi mostra più oscenità. Non considerarli nemmeno come ultima spiaggia, poiché è proprio questo atteggiamento che porta a una svalorizzazione della donna. Un mio amico un giorno mi disse: “Ognuno mostra ciò che vuole vendere”. Purtroppo, sempre più frequentemente assisto a vere e proprie svendite di autostima e self confidence. Per questo è necessario, visto che non esiste al momento un’Accademia di sole modelle curvy, fare un percorso di studio autodidatta per educarci in primis da sole su cosa voglia dire portare valore alla propria persona attraverso l’immagine, il portamento, la ricerca dello stile. Non dico che le aspiranti modelle debbano conoscere tutti i nomi degli stilisti curvy in Italia, la descrizione in gergo delle stoffe e dei capi di abbigliamento, o cosa voglia dire armocromia e fashion design, ma almeno avere una visione generale sulla moda, sì. Altrimenti che modelle siamo? Neanche Chiara Ferragni, una delle più note influencer a livello mondiale, da principio sapeva come definire i capi che osservava alle sfilate della Parigi fashion week, adesso… è lei che insegna! Quindi ben venga chi segue blog di moda, chi si appassiona e studia, chi ricerca le news della nostra contemporaneità. Riguardo alla vendita della propria immagine sarà necessario scindere le richieste giuste da quelle di mercato e saper scegliere sempre quelle più professionali. Un lavoro professionale può essere svolto anche a livello dilettantistico, ad esempio la sfilata di paese può essere un allenamento e fungere da trampolino se è organizzata in modo professionale. Quindi non è necessario arrovellarsi il cervello per sparare in alto, puntiamo innanzitutto a creare un flusso di professionalità e valore. Last but not least mi sento di consigliare di far conoscere un proprio talento, una propria capacità oppure progetto/sogno in contesti di valore – certificati attraverso enti culturali – come eventi benefit, raccolta fondi, sensibilizzazione.

Gli argomenti su cui lavorare sono talmente tanti e a volte inflazionati – vedi la violenza sulle donne o il bodypositive – che si potrebbe stare qui fino a domani. Questo si riaggancia al secondo punto. Quindi va bene il calendario curvy, ma attenzione che non sia quello da mettere in officina, perché la linea è sottilissima.

Oltre tutto quello che hai raccontato, hai un messaggio a cui tieni particolarmente che ci vuoi donare?

Darsi un valore! Dopo un’accurata ricerca interiore, trovare questo valore e porlo in alto come fosse l’asticella sotto la quale non scendere mai.

FINE

Se volete, potete contattare Azzurra Mazzara ai seguenti indirizzi: Facebook ; pagina fb Naturopata Mazzara ; instagram; e-mail

Ringrazio moltissimo Azzurra per la sincerità e la disponibilità avute nel rispondere alle mie domande. Per la semplicità con la quale si è raccontata, senza remore e senza tralasciare anche importanti e negativi eventi personali. Grazie.

Questa chiacchierata mi ha fornito numerosi spunti per nuovi argomenti da approfondire in seguito: come relazioni tossiche, l’importanza di raggiungere una giusta indipendenza economica, quanto può aiutare il supporto psicologico e quanto il trovare veri amori e sincere amicizie. Per il momento spero di poter avere ancora ospite Azzurra, per parlare con lei di naturopatia. Argomento per me molto interessante che, sono certa, potrà piacere anche alle lettrici della rubrica.

La vera libertà è essere quelle che siamo. Sempre.

Per essere la protagonista del prossimo articolo SCRIVIMI QUI

Sono nata nel 1968 – contate in silenzio – a Roma.
Mi muovo esclusivamente con i mezzi pubblici perché non guido e non potrei mai vivere senza Trastevere, il Colosseo, le stupende fontane della Capitale e i fastidiosi sampietrini.
Da che ho memoria ho riempito di scarabocchi tutto ciò che ho avuto la fortuna, o la sfortuna fate un po’ voi, di avere a portata di mano: dal muro di casa dietro il divano del soggiorno (avevo quattro anni), a ritagli di carta, quaderni e diari. Da allora è stato un susseguirsi di poesie, racconti, romanzi e favole per bambini, il tutto condito da premi, pubblicazioni e gratificazioni varie.
Golosa di dolci e di emozioni. Amante di viaggi e fotografie. Adoro Vasco e i Queen… sì, lo so che sono agli antipodi, ma così è!
Se vuoi contattarmi in privato, scrivimi qui: cristiana.ian@libero.it

DONNE A TUTTO TONDO: BUON GUSTO, BUONSENSO E STILE

Tondo rimanda a qualcosa di perfetto. Pensate solamente al cerchio di Giotto. A tutto tondo indica ciò che può essere visto, osservato e contemplato da tutti i lati e le donne, a partire dalle loro forme fino ad arrivare al loro universo più completo, ne rispecchiano in pieno il concetto. Obiettivi, speranze, sogni, delusioni e amore. Sì, perché l’amore è tondo. Non lo sapevate?

BUON GUSTO, BUONSENSO E STILE

Viviamo in un mondo ricco di straordinari contrasti naturali e, al contempo, ci ritroviamo bombardati da continue scelte estetiche, più o meno opinabili, e mi chiedo se siamo in grado di rispondere alle semplici domande: Cosa è il buon gusto?Cosa è il bello? Non è facile. Da sempre i filosofi hanno fornito teorie circa la natura del bello, dal punto di vista soggettivo e oggettivo, scontrandosi spesso contro il muro di uno specifico dubbio, ovvero se la bellezza possa essere imputata a fattori personali o collettivi. Abbiamo tutti la capacità di cogliere il bello o è prerogativa di pochi? Bello, cosa vuol dire?

I canoni estetici non sono sempre gli stessi e dipendono molto spesso dalla relazione con il periodo in cui vi vive. A chi non è mai successo di riguardare le foto di decenni passati e provare un attimo di sconcerto, misto a un senso di orripilante consapevolezza. Ma… veramente, io, andavo vestita in quel modo improponibile?

Capelli cotonati anni ’80-Autore Cottonbro

Dal momento che le differenti culture e l’alternarsi dei periodi producono, amano, coltivano un proprio senso estetico, ne conviene che la concezione del bello risulta essere relativo all’esclusivo momento preso in considerazione. Rousseau nell’Emilio asseriva che tutto ciò che gli esseri umani fanno è il risultato di ciò a cui essi sono stati educati. Soprattutto in campo artistico ci è stato insegnato che le prospettive, le giuste geometrie, le curve e i colori, quando sono in perfetto equilibrio forniscono l’idea del bello.

Venere di Milo-Autore Thiago Oliveira

Un accordo universale, quindi, un ideale condiviso e concepito da tutti nello stesso modo. Ed è questo a cui tutti facciamo riferimento, consapevolmente o meno, quando siamo chiamati a dare un giudizio estetico: ci riferiamo a perfetti canoni stabiliti per opere d’arte, altrettanto perfette. Ma se consideriamo che le comunità sono costituite da individui differenti, con culture e prospettive differenti, allora bisognerebbe guardare oltre il puro senso estetico per vedere tutto il resto. Avere la sensibilità per cogliere le differenze vuol dire essere aperti alla conoscenza.

Pedine-dal Web

Attualmente trovo che nella moda il gusto sia diventato, forse lo è sempre stato, una sottile arma sociale che trasforma tutto in un segno distintivo e di appartenenza. Da questo nasce, tramite il marketing e la pubblicità, il desiderio di avere per poter essere. Iniziamo dapprima a identificarci con un modello per poi comunicarlo a noi stessi e dopo agli altri. Il buonsenso dovrebbe fare da mediatore e guidarci nella scelta di abiti e accessori. Non è tanto importante il coprirsi, anche se ha un suo perché, quanto il coprirsi bene, ovvero il valorizzarsi. Il sapersi valorizzare. Non è vero che tutti possono fare tutto o indossare tutto, è più vero che ognuno di noi può indossare ciò che ci fa sentire a nostro agio, ciò che ci dona di più, nascondendo i difetti che, sia chiaro, abbiamo tutti. Nessuno escluso. Via libera, dunque, alla libertà di essere sé stessi, ma attenzione alle cadute di stile che sono dietro l’angolo.

Amo il lusso. Esso non giace nella ricchezza e nel fasto ma nell’assenza della volgarità. Così diceva la grande Chanel.

Lusso e comodità – Autore Arthouse Studio

E la volgarità mal si sposa con il buongusto. Va bene seguire la moda, ma con stile, appunto. E veniamo al punto importante di questo mio articolo.

Il fulcro del discorso siamo sempre noi e non l’abito che indossiamo o che non indossiamo affatto. Il corpo nudo non è un oltraggio, ma quando viene mercificato e sfruttato per ragioni commerciali bisogna tener conto che il fine ultimo è solo per il bene di una società fin troppo consumistica. Questo, le donne, lo sanno? Per una ormai nota strategia di mercato, il corpo delle donne vende bene qualsiasi prodotto che non c’entra nulla con alcun corpo e mi chiedo se le donne si sentono veramente libere a mettersi in mostra? Di solito, sono proprio loro a usare il proprio corpo e la riflessione verte principalmente su cosa e come ognuno di noi comunica ciò che vuole. Siamo certe di non essere state indotte a mostrare? Certe che sia sempre una scelta autonoma e determinata?

Utilizzare il proprio corpo con consapevolezza è voler trasmettere un messaggio; lo sfruttamento dell’immagine – che non diventa mai idea – esiste, invece, quando il corpo viene usato come strada facile per avere un consenso o una lista infinita di like. Quando si usa il proprio corpo solo per un guadagno senza pensare all’idea che si vuole trasmettere, quella è mercificazione. Il corpo diventa oggetto. Il nudo è espressione di sé stessi, ma solo quando è scevro da ammiccamenti, altrimenti non è né elegante né puro e l’intenzione è solo la provocazione. La provocazione fine a se stessa può essere considerata un messaggio? Se sì, quale?

Quando mi sono prestata a partecipare alla campagna fotografica di Poso perché, l’ho fatto sostenendo che, per me, mostrarsi non vuol dire mettersi in mostra. Mi sono divertita, mi sono messa alla prova e dietro quel progetto c’era l’idea di far sentire ogni donna bene con se stessa. Con un vestito lungo o con una minigonna. Personalmente ritengo che cercare solo consensi voglia dire comunicare qualcosa esclusivamente a se stessi e, aggiungo, per il motivo sbagliato. Non mi piace che passi sempre il messaggio che si è qualcuno solo per i like che si ricevono sui siti social, di qualsiasi genere siano, e che tutto questo venga sbandierato come libertà di scelta.

Siamo proprio sicure che sia una vera conquista di libertà?

Manifesti e libertà –  Autore Karolina Grabowska

La vera libertà è essere quelle che siamo. Sempre.

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Sono nata nel 1968 – contate in silenzio – a Roma.
Mi muovo esclusivamente con i mezzi pubblici perché non guido e non potrei mai vivere senza Trastevere, il Colosseo, le stupende fontane della Capitale e i fastidiosi sampietrini.
Da che ho memoria ho riempito di scarabocchi tutto ciò che ho avuto la fortuna, o la sfortuna fate un po’ voi, di avere a portata di mano: dal muro di casa dietro il divano del soggiorno (avevo quattro anni), a ritagli di carta, quaderni e diari. Da allora è stato un susseguirsi di poesie, racconti, romanzi e favole per bambini, il tutto condito da premi, pubblicazioni e gratificazioni varie.
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