VOCE DEL VERBO DIS-FUNZIONALE: IL BAMBINO DIMENTICATO

Con la parola disfunzionale si intende ciò che non corrisponde ai propri compiti o fini. Io direi più ciò che fa male. Esistono rapporti che ci causano ferite indelebili. I momenti difficili e i periodi dolorosi ci fanno cambiare. In questa rubrica vi racconterò alcune storie di vita di chi, in qualche modo, ce l’ha fatta.

La storia di Roger

C’era un bambino,

l’ho visto sul comodino,

forse cercava un vasino oppure un bacino.

Era pallido come un fiocco di neve,

forse aveva sete e cercava un po’ d’acqua Lete, o un po’ di bene.

Forse sarebbe tutto più semplice se si chiamasse tutto con il suo nome, come citava Alexander Superstramp in uno dei miei film preferiti, Into the Wild. Forse, se quando abbiamo un problema chiedessimo o piangessimo come i bambini, le nostre necessità verrebbero esaudite molto più velocemente. Sarebbe anche molto più semplice che accadesse se le persone usassero gli occhi non solo per vedere, ma soprattutto per guardare.

Roger aveva sei anni quando è arrivato nell’orfanotrofio di Genova. Arrivava dalla Polonia e aveva i classici lineamenti dell’Europa dell’est. Capelli biondi e occhi azzurri, carnagione chiarissima e lineamenti duri, quasi disegnati con il righello. Molto duri per la sua tenera età. Sei anni non sono nulla, ma sono già troppi per cancellare il suo passato, così vivido nella sua mente. Roger è un Uomo Bambino. È stato abbandonato dalla sua mamma che non riusciva a volergli bene, lo dimenticava ovunque: al supermercato, in posta, si scordava addirittura di andarlo a prendere all’asilo. Il papà Roger non l’ha mai visto, è scappato dopo che la mamma, la sua compagna, è rimasta incinta di lui.

A cinque anni e mezzo gli assistenti sociali lo hanno tolto dalla sua mamma e portato in Italia. Già prima non parlava, figuriamoci in una lingua e in un Paese completamente sconosciuti. In qualche modo si fa capire, ma non parla e non vuole imparare a parlare. Non sorride, mangia il giusto indispensabile. Roger sembra rimasto incastrato in un limbo, non sembra stare nel presente. Avrebbe solo bisogno di vivere la sua infanzia come tutti i bambini della sua età. Ma come dare un’infanzia serena a qualcuno a cui è stata strappata così velocemente? Dove sono la giustizia, l’amore, la spensieratezza che si merita?

Sarebbe bello che negli Ovetti Kinder i bambini non trovassero solo giochi da montare, ma un puzzle d’amore. Montiamo l’affetto? Anche quello andrebbe costruito, con piccoli tasselli.

Costruiamo l’amore?

Dopo quasi un anno di silenzio, Roger conosce Gerry.

Un giorno, mentre fanno merenda, Gerry si siede vicino a Roger e gli offre la sua. Lo fa perché sa che è spaventato e solo. Roger sorride, per la prima volta gli si vedono i dentini, bianchi e arrotondati come piccole perle. E così diventano amici, grazie a quella merendina condivisa. Tanto amici da chiedere di cambiare la disposizione dei letti per poter dormire vicini.

Roger inizia a vedere in Gerry, di pochi anni più grande di lui, come un punto di riferimento. L’amicizia è questa. Accettare i difetti degli altri, perché in quella diversità ci può essere tanto rumore e il silenzio di Roger diceva tantissimo e Gerry l’aveva capito.

Questa storia ci mostra che l’amore esiste, in varie forme. In questa si è mostrato così, grazie ad un Flauto al cioccolato. La vita a volte è crudele e non riusciamo a darci delle risposte del perché certe cose accadano proprio a noi, ma prima o poi qualcosa cambia e ci fa credere ancora nella possibilità di essere felici

La merenda, momento di affetto e condivisione

Questo racconto è scritto da Valentina Casalegno, socia di CURVY PRIDE – APS. Ringraziamo tutte le socie e i soci che dedicano il loro tempo alla crescita del Curvy Pride Blog, impegnandosi nel volontariato.

Nata sotto il segno dei gemelli, Valentina ama tutto ciò che è passione allo stato puro. Le piace mettersi in gioco ed è appassionata di scrittura.
Laureata in comunicazione pubblicitaria, ha nel cassetto un libro che vorrebbe pubblicare.
Una delle sue passioni è parlare con gli sconosciuti, ascoltare le loro storie e sapere cosa li ha portati lì in quel momento.
Si definisce “Reporter di vite”, ed è proprio quello che fa attraverso il nostro Curvy Pride Blog.

Pubblicità

ABBIAMO DONATO PIÙ DI 600 COLOMBE GENTILINI E CREATO UNA PASQUA DI SOLIDARIETÀ, CONDIVISIONE E AMICIZIA!

I gesti che fanno bene al cuore vanno raccontati, iniziando dal principio. Una telefonata inaspettata che riempie il nostro cuore di felicità: “Ciao Maggie (al secolo Margaret Dall’Ospedale) che piacere sentirti!” – “Ciao CURVY PRIDE! La Biscotti Gentilini vuole donare delle colombe per augurare una Pasqua di condivisione e fratellanza. Volete essere parte attiva di questo gesto d’amore?

Cosa abbiamo risposto? Dopo pochi minuti eravamo già in contatto con Alessandra Beretta e Francesca Germanò, della Biscotti Gentilini, per organizzare la distribuzione di più di 600 colombe!!!

Abbiamo velocemente organizzato la squadra di volontari CURVY PRIDE a cui va il nostro più affettuoso ringraziamento: Anna Maria Corona, Fabio Ricci, Maria Paola Bruni, Filippo Bruni, Monica Marcoccia, Olga D’Amico, Antonella D’Innocenzo, Simona D’Aulerio e le giovanissime Morgana e Ginevra D’Innocenzo.

Ci teniamo a dire che la distribuzione non è stata una semplice consegna di pacchi ma un viaggio puntellato di incontri emozionanti. Abbiamo conosciuto la realtà dell’ISTITUTO CASA CIRCONDARIALE REBIBBIA – SETTORE FEMMINILE attraverso il toccante racconto della Dott.ssa Sabrina Maschietto.

Alessandro Moscetta, insieme a Paola Morisco, ci hanno emozionati soffermandosi sul grande lavoro di solidarietà della COMUNITÀ DI SANT’EGIDIO.

Come non commuoversi leggendo le parole di Suor Elvezia dell’OPERA MATER DEI di Castel Gandolfo (RM) o i racconti di vita e di comunità di Don Vittorio e della Signora Antonella della CASA RIFUGIO SANT’ANNA ONLUS.

La disponibilità del Sig. Luigi Raparelli e la coinvolgente allegria e generosità di Frate Mario della CARITAS DIOCESI DI FRASCATI – EMPORIO SOLIDALE ci hanno letteralmente rapiti.

La purezza di cuore delle suore dell’ISTITUTO MISSIONARIE DELLA CARITÀ DI MADRE TERESA DI CALCUTTA ci ha inondato di gioia.

Le mani giunte con cui siamo stati accolti nella PARROCCHIA SANTA MARIA MADRE DI OSPITALITÀ saranno un ricordo indelebile.

Il sorriso di Raffaella e Antonella della grande famiglia di COOPERATIVA SOCIALE ARCA DI NOÈ ONLUS, CENTRO DIURNO ANZIANI “CEDAF”, CENTRO DIURNO ALZHEIMER “AMARCORD”, CENTRO DIURNO ALZHEIMER “IL TIGLIO” e BANCO ALIMENTARE non lo dimenticheremo mai.

Non è stata carità, è stato incontrarsi per creare dei legami, per dirci reciprocamente “non siamo soli”. Alcuni ci hanno invitato a visitare le loro strutture e la sensazione era quella di restare, sedersi, ascoltare e “fare”.

Tutti hanno chiesto chi fossimo e se si potrà collaborare in qualche modo, non tanto con le cose ma attraverso l’unione di persone, menti e braccia unite insieme.

Noi siamo andati a portare un dono e loro ce ne hanno regalati di ancora più grandi: le emozioni nell’accoglierci, un ringraziamento silenzioso, un altro affettuoso con un abbraccio, un altro ancora a mani giunte…

Ringraziamo di cuore la BISCOTTI GENTILINI per tutto questo.

Nulla succede per caso e siamo certi che da queste più di 600 colombe nasceranno centinaia di progetti di inclusione e condivisione.

State all’erta perché avremo bisogno di ognuno di voi!

VOCE DEL VERBO DIS – FUNZIONALE

Con la parola disfunzionale si intende ciò che non corrisponde ai propri compiti o fini. Io direi più ciò che fa male. Esistono rapporti che ci causano ferite indelebili. I momenti difficili e i periodi dolorosi ci fanno cambiare. In questa rubrica vi racconterò alcune storie di vita di chi, in qualche modo, ce l’ha fatta.

La storia di Sonia e Cristina

“C’era una volta…” di solito le storie che hanno un lieto fine cominciano in questo modo. Peccato che non sempre finisca così, soprattutto nella realtà; o magari finisce bene ma attraversando momenti difficili. Di solito le personalità fragili si dividono in due categorie: quelle che con la loro fragilità si ergono a carnefici, cercando di emergere facendosi forti sugli altri, e quelle che per non essere escluse risultano vittime, fingendo di essere felici a essere bullizzate poiché vedono in quel momento un “avvicinamento” al branco.

Cristina era una ragazzina timida, molto timida, con una personalità fragile, come tutti; ognuno di noi ha delle fragilità più o meno palesate. Faceva la terza liceo quando la conobbi, aveva fatto il biennio in un’altra scuola e ad ottobre inoltrato si era unita alla mia classe. Non so se fu questo suo arrivare a percorso di studi già avviato che la mise automaticamente nell’occhio del ciclone di Sonia, oppure la sua personalità introversa.

Sonia era la classica bulla, una bulla bellissima, di status sociale alto. Negli anni ragionai sul fatto che probabilmente non aveva una famiglia felice alle spalle, perché sempre nella famiglia vanno ritrovati gli atteggiamenti disfunzionali che un adolescente apprende. Magari era troppo vista o magari lo era troppo poco, con la conseguente tendenza di farsi notare maltrattando chi era più debole o non riusciva a tirare fuori il carattere. D’altronde, davanti a tanti altri ragazzini che fanno branco prendendo come esempio il carattere forte dell’Alfa, a quell’età non è per niente facile farsi vedere forti.

Sonia maltrattava Cristina in maniera tremendamente cattiva. Davvero troppo cattiva per una ragazza di 15 anni. Non c’era occasione in cui non volassero dalla sua bocca commenti poco carini tipo: “Ecco la sfigata! Ma l’avete vista? Con quei capelli slavati e quei pantaloni bruttissimi! Io non la voglio in squadra con noi, sicuramente ci fa perdere”.

Immagine liberamente presa da Google

In tre anni di liceo non ricordo di aver mai visto Cristina sorridere. Era sempre sola, sedeva tra i primi banchi ai lati dell’aula perché erano gli unici che le lasciavano. Sonia le rubava le merendine o faceva in modo di farlo fare ad altre compagne del branco che pur di avere la sua approvazione facevano tutto quello che lei diceva.

Un giorno, a lezione di inglese, il disastro.

Sonia stava masticando una gomma ed era seduta proprio nel banco dietro a Cristina. In un momento in cui l’insegnante stava scrivendo i tempi verbali alla lavagna, le lanciò tra i capelli la gomma masticata. Cristina se ne accorse solo all’intervallo. I suoi occhi sono tuttora scolpiti nella mia mente: avevano un’espressione triste, lo sguardo abbassato pieno di vergona, come se fosse colpa sua, come se meritasse quella gomma masticata, come se meritasse quelle offese, meritasse di essere lasciata sola.

Ho sempre cercato di andare contro a queste dinamiche. Non volevo essere testimone silenziosa di queste situazioni. Non volevo lasciare Cristina da sola, ma ero una ragazzina anch’io, non avevo il carattere che ho oggi. Sapevo benissimo che se mi fossi avvicinata a Cristina, Sonia avrebbe emarginato anche me. Volevo cercare di rimanere in bilico tra due situazioni, come un funambulo su una corda, volevo mantenere in equilibrio due mondi che non avrebbero mai potuto convivere. Nel momento in cui mi avvicinai a Cristina mi resi conto che i miei timori erano fondati perché fui immediatamente esclusa da Sonia e dal BRANCO.

Due mondi così diversi non potevano coesistere. Ne presi coscienza e capii che nella mia vita non volevo avere a che fare con personaggi come Sonia, che era per me qualcosa di non funzionale che mi avrebbe fatto soltanto del male.

A quel tempo ero un soggetto sensibile. Le persone sensibili spesso sono anche plasmabili e manipolabili. Anche se sono diventata adulta, a tratti lo sono ancora. Quando non riesco a tollerare una situazione accumulo rabbia. Per certi versi è un problema, perché devo trovare il modo per scaricarla, ma per altri è la mia salvezza, perché mi spinge a prendere posizione e ad agire. Infatti fu proprio quella rabbia che mi salvò dal diventare una persona di cui mi sarei sempre pentita. Quella presa di posizione fu la scelta migliore: Cristina diventò la mia migliore amica. Grazie a lei e alla sua sua amicizia sviluppai la mia vera natura di protezione verso me stessa.

Ringraziamo tutte le socie e i soci che dedicano parte del loro tempo alla crescita del Curvy Pride Blog, impegnandosi nel volontariato.

Nata sotto il segno dei gemelli, Valentina ama tutto ciò che è passione allo stato puro. Le piace mettersi in gioco ed è appassionata di scrittura.
Laureata in comunicazione pubblicitaria, ha nel cassetto un libro che vorrebbe pubblicare.
Una delle sue passioni è parlare con gli sconosciuti, ascoltare le loro storie e sapere cosa li ha portati lì in quel momento.
Si definisce “Reporter di vite”, ed è proprio quello che fa attraverso il nostro Curvy Pride Blog.

GIULIA GAMBINO E IL SUO SFOGO

Giulia Gambino è una splendida ragazza, piena di vita. Amica e socia di Curvy Pride, Giulia è da tempo nel “mondo curvy” come testimonial e modella “alternativa”, come si definisce lei.

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Nel seguire le sue pagine abbiamo letto un suo post e riteniamo giusto condividerlo per provare a realizzare ciò che suggerisce Giulia.

Premettiamo che l’Associazione Curvy Pride non ha e non avrà mai il compito di suggerire diete o cambiamenti alimentari radicali dello stile di vita delle proprie amiche (in un verso o in un altro), che sono di competenza di medici e strutture sanitarie. L’Associazione Curvy Pride non cura alcun tipo di malattia (bulimia, anoressia, obesità grave, ecc.).

Crediamo, però, che quanto scritto da Giulia debba farci riflettere e valutare se, tutte insieme, possiamo darci una mano. Non per dimagrire o ingrassare, ma per affrontare insieme ciò che ci preoccupa. Un caffè insieme, una chiacchierata, una risata, un selfie, un qualunque gesto di vicinanza per non sentirsi sole. Condividere un’esperienza personale potrebbe aiutare qualcun’altra che sta vivendo una situazione simile, ma non sa come affrontarla.

Cosa ne pensate?

Leggete il post di Giulia e… parliamone.

“Si parla molto dei disturbi alimentari riferendosi solo ad anoressia, bulimia e obesità grave, quella rimediabile solo con l’intervento chirurgico allo stomaco. Viene spesso tralasciata l’obesità iniziale e il sovrappeso, patologie che riguardano il 35,3% della popolazione italiana adulta; da anni soffro di questo disturbo e non credo di essere mai riuscita a controllare questa situazione forse per lo scarso impegno e la poca consapevolezza degli effetti paradossi o ancora meglio, ho sempre cercato strade secondarie per sviare il problema.

Oggi mi è stato diagnosticato il problema e le problematiche che il mio corpo ha a causa di questo. Tralasciando lo spavento, perché per la prima volta ho concepito chiaramente la situazione (sicuramente grazie alla determinazione del medico e per le tabelle che avevo davanti), mi sono sentita una cretina perché non sono riuscita in questi 10 anni a proteggere il mio corpo da situazioni molto negative che il mio comportamento alimentare ha causato. Purtroppo, a parere del medico, non sono l’unica che si trova a ragionare solo a fatti avvenuti, sarebbe bello se ci fossero delle organizzazioni, informazioni, media che con consapevolezza e autorità, aiutassero le persone che stanno per superare la soglia a fermarsi un attimo e capire veramente cosa comporta una scorretta alimentazione e assenze varie di movimento.

Ciò non vuol dire quello che tutti sappiamo ovvero mettiti a dieta altrimenti diventi obeso, ma aiutare moralmente, perché una persona che come me non si rende conto della gravità della questione ha prima di tutto un deficit comunicativo e morale. Forse tutto ciò si potrebbe riassumere con la chiacchierata con l’amica, con il compagno/a, con i bambini e con i dottori, esattamente ciò che a me è mancato! Mi aspetta 1 anno molto duro, credo sarà il più lungo della mia vita ma non posso darla vinta a 30 kg di grasso che stanno rovinando la mia salute! Forza e Coraggio”.

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PERCHE’ UN CURVY PRIDE WALKING?

Perché un CURVY PRIDE WALKING?

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Perché vogliamo che le amicizie e le “simpatie” nate su facebook si incontrino fuori dagli smart phone e dai tablet.

Perché ci piacciono gli incontri, gli abbracci, i sorrisi, la voglia di stare insieme.

Perché è bello stare all’aria aperta, respirare il profumo del mare, camminare in allegria.

Perché è un’occasione per visitare una delle nostre bellissime città italiane: PISA!

Perché può diventare un’occasione per una gita tra madre e figlia, tra amiche, tra fidanzati, tra coniugi pensionati, tra gruppi di ragazzi, …

Perché c’è bisogno di spensieratezza.

Perché fare del movimento è importante.

Perché siamo tutti diversi e ognuno ha le proprie priorità nella vita.

C’è chi dedica ore e ore l’allenamento fisico cercando di raggiungere dei traguardi importanti in ambito sportivo.

C’è chi sgobba ore e ore sui libri per poter realizzare un sogno lavorativo.

C’è chi dedica il suo tempo a seguire con costanza la propria famiglia per amore o per malattia.

C’è chi fa diverse di queste o altre cose insieme.

Persone di diverse altezza, di diverse taglie, di diverso colore di pelle o di capelli…. PERSONE.

E a noi piace stare tutti insieme!

Perché siamo contro ogni tipo di stereotipo.

Perché è un inno alla vita e alla voglia di viverla intensamente.

Perché sarà un giorno che resterà nel nostro cuore, per sempre.

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Ci vediamo il 2 aprile 2017 a Marina di Pisa!

Il programma della giornata è il seguente:

·         VILLA ERMIONE Via F. Barbolani, 22, fronte Porto. Incontro con il Pubblico 15:00-15:30

·         WALKING LIFE & CURVY PRIDE Lungomare Km 6:00 dalle 15:40-17:00

·         FLASH MOB Porto Marina di Pisa 17:00- 17:20

Per info contattare:

Associazione Arcadia (info@arcadiapisa.it)

Francesco Simone (francescosimone@hotmail.com)

Associazione Curvy Pride (curvypride@gmail.com – 3408478011)

 

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