Il termine Body Positive nasce – più o meno ufficialmente – tra il 2010 e il 2011, grazie ai numerosi post social di donne considerate oversize che celebrano orgogliosamente il loro corpo. Ben presto, però, il movimento Body Positivity assume un significato più ampio: dare un messaggio positivo a chi non ha un corpo “normale”, cioè che non rispetta gli standard globali. Un’autoproclamazione che denuncia il desiderio di essere considerati, di diventare parte del mondo senza doversi giustificare. Un messaggio di positività, il cui scopo è anche contrastare body shaming e body negativity.
Trovare le parole giuste per scrivere questo articolo non è stato così semplice. Parliamo di body positive: avete mai pensato che forse non tutte le persone che promuovono il body positive siano poi così positive? Quando mi sono avvicinata a questo movimento sociale ho iniziato un percorso che dura ancora oggi, perché è un concetto che non finisce con due perle di accettazione e basta; non tutti i giorni ho voglia di accettarmi e di vedere il lato buono. Ci sono quelle persone che mi obbligano ad essere sempre positiva ad accettarmi tutti i giorni, quando in realtà non è così. Siamo essere umani ed abbiamo dentro di noi continue emozioni contrastanti, l’Estela di oggi non è più quella di ieri e non è ancora quella di domani. Ma a loro non importa, per loro io dovrei essere positiva e sprigionare la mia contentezza verso me stessa tutti i santi giorni e guai se non è così. Mi fanno sentire come uno scarto, solo perché quel giorno i miei rotolini di ciccia mi danno fastidio e non li vorrei. “E ti arrendi così alla società, brava è proprio quello che vogliono”. Che poi io non facevo nemmeno quel che volevano i miei genitori, figuriamoci se mi lascio imporre degli standard da altre persone. Come mi sento è affar mio e non va a sminuire le cause per cui combatto.
Poi abbiamo la categoria di coloro che io personalmente chiamo i “So tutto io e quello che pensi tu è carta straccia”. Cioè se qualcuno non è d’accordo con quello che dicono lo attaccano e lo fanno sentire come se fosse l’essere umano più terribile, facendogli anche vivere quella sorta di bullismo che hanno subito loro e che magari è poi stata la leva che li ha spinti verso il body positive. Certo, dobbiamo anche capire la gravità dei commenti. Se sono offensivi sei nel tuo diritto di replica, magari senza scendere ai livelli bassi di chi ti ha preso di mira, ma puoi anche decidere di non essere così carino e gentile perché non lo sarei nemmeno io, d’altro canto a nessuno piace essere insultato. Ma se io commento con la mia opinione e lo faccio con educazione e l’intenzione di aprire un dibattito costruttivo, anche se la pensiamo diversamente, perché tu devi riempirmi di parole finendo così per mettere in cattiva luce una causa per cui ci sono diverse persone che si battono in maniera civilizzata tutti i giorni? Il tuo rinchiuderti in una bolla e voler far passare solo quello che pensi tu per giusto non è diverso da quello che la società ha imposto a tutti, cioè grasso = male/ cattivo e magro= sano/perfetto.
Ma credo che il premio dei meno positive vada alle persone che mi criticano perché voglio migliorarmi. Io dico sempre che per me la body positive finisce quando il tuo corpo t’impedisce di vivere e fare le cose che ami. Non parlo di taglie, parlo di salute. Parlo dei due estremi, perché sia l’obesità grave e patologica e sia l’anoressia nervosa e patologica sono malattie, ma purtroppo ultimamente entrambe le malattie vengono romanticizzate come se averle fosse qualcosa che ti fa essere alla moda.
Accettarmi è una bella cosa, ma va bene anche che io mi prenda cura di me stessa: se vedo che il mio peso minaccia la mia salute, voler migliorare o cambiare è un mio diritto. Per me è questo che significa essere positivi verso se stessi.
Quest’ultima parte mi ha toccato in prima persona in questi ultimi giorni. Ero felice di essermi iscritta in palestra, di tenermi attiva non solo dal punto di vista fisico ma anche mentale, perché per me fare esercizio è un momento di terapia quasi come andare dallo psicologo. Una ragazza mi ha scritto questo, rispondendo a una mia storia: “Brava! Vedo che alla fine anche tu vuoi diventare uno stecchino, è per questo che nessuno ci prende sul serio”.
Ci sono almeno 2 cose sbagliate in quello che mi ha scritto questa ragazza.
La prima è la parola stecchino, termine che denigra le persone con una fisicità diversa dalla sua. Non va bene, perché se vogliamo essere uguali non è mettendo come cattivo e brutto tutto quello che è opposto e diverso da noi. Anche perché noi sappiamo bene com’è brutto essere messi in cattiva luce dagli altri, non è vero?
La seconda cosa è il fatto che la ragazza mi abbia criticato perché ho deciso di andare in palestra. Cosa c’è di male? Non vuol dire che io non accetti il fatto di avere un corpo fuori dagli standard di bellezza perché mi vedo, casa mia è piena di specchi e sono cosciente della mia fisicità. Ma dopo aver passato un anno difficile per quanto riguarda la mia salute, in cui sono stata costretta più a letto che fuori, io ho voglia di rimettermi in sesto, di allenare qualche muscoletto per riuscire a stare in piedi. Anche perché soffro di bulimia nervosa ed ultimamente la tendenza è quella di non voler mangiare, arrivo a vedere il cibo come un nemico e quindi starei anche tutto il giorno soltanto a bere acqua e nient’altro. Il fare una qualche attività fisica fa in modo che la mia testa stia zitta e non mi condizioni a fare cose che andrebbero a peggiorare il mio stato non solo mentale, ma di salute. E questo mi porta ad essere non solo positiva verso me stessa ma anche verso la vita.
In conclusione, fate ciò che volete, combattete contro i pregiudizi nella maniera che si adatta di più al vostro carattere, al vostro sentirvi voi stessi. Non lasciate che gli altri vi facciano sentire inadeguati. La body positive non vuol dire soltanto accettarsi ma anche migliorarsi ed essere una versione ancora più splendente di noi stessi, aiutando le persone a capire quanto sono magnifiche e meravigliose.
Estela

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